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SOCIETÀ
Due stelle a Km zero
 

Sostenibilità perno della qualità della cucina stellata

 
 
 

La sostenibilità è come un volume composto da diversi capitoli, tra cui uno importante è rappresentato dalla cucina. Un paese come l’Italia vive di tante ...

 
 

 

lunedì 24 agosto 2020

 

 

La sostenibilità è come un volume composto da diversi capitoli, tra cui uno importante è rappresentato dalla cucina. Un paese come l’Italia vive di tante realtà territoriali distinte tra loro, con climi, natura e tradizioni che le rendono uniche. Questo ha un forte impatto anche sulla varietà e qualità di cibo che ne consegue e che indirizza la tipicità della cucina di un certo luogo.

Permettere che ogni luogo esprima prevalentemente la tipicità dei propri prodotti, e di conseguenza delle proprie ricette, significa sviluppare una cucina a km zero, che basa sulla qualità e territorialità i suoi pilastri.

Lo chef stellato Alfio Ghezzi, trentino, si è recentemente trasferito al caffè ristorante del Museo d’arte moderna e contemporanea di Rovereto e Trento, il Mart, un ambiente di design con opere di Giorgio de Chirico e Carlo Carrà. I prodotti del ristorante sono tutti italiani, ma soprattutto trentini. Questo è un dato molto importante, soprattutto nell’ambito dell’alta cucina, dove un certo perseguimento di sofisticatezza portava, soprattutto in passato, alla ricerca di prodotti esotici o comunque distanti dal territorio del ristorante in questione.

Ghezzi ci dice che “non far viaggiare gli alimenti è una questione di responsabilità nei confronti dell’ambiente, oltre che una forma di considerazione e rispetto verso il territorio in cui si vive e si lavora”. Di sicuro ogni cuoco deve trovare una chiave di lettura della sostenibilità, al di là del marketing che si nasconde dietro un termine recentemente troppo abusato e di moda.

Ad esempio per Ghezzi il focus è sulla scelta e il rapporto con i produttori, dall’agricoltore appassionato di peperoncini sulle colline di Isera, a coloro che coltivano olii vegetali vicino Rovereto, fino al giovane team di “Comunità Frizzante”, che produce bibite gassate locali coi prodotti del luogo, tra sambuco, menta, cetriolo e lippia, una pianta aromatica.

Lo spazio che cura Ghezzi vive dalla mattina alla sera, si va dalle torte da credenza e lievitati per la colazione, fino ad un menù di sette portate, di cui cinque scelte direttamente dalla cucina per far capire all’ospite la filosofia del ristorante e dello chef. Si valorizzano i sapori della tradizione contadina limitrofa, si arriva anche a metodi di conservazione naturali: polpa di pomodoro sottovetro, crauti fermentati, confetture di prugne, mirtilli e rabarbaro, ecc.

Anche nel vino si scelgono prevalentemente piccole cantine semisconosciute di montagna, per far scoprire nuovi sapori all’utente. Altro concetto molto importante di questa esperienza è la totale dipendenza dalle fonti rinnovabili della cucina, l’ovvio e doveroso corollario di una scelta alimentare così caratterizzata dalla sostenibilità.