Senior woman applying fertilizer plant food to soil for vegetable and flower garden. Fertilizer and agriculture industry, development, economy and Investment growth concept.
 

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FOCUS
Un’agricoltura rispettosa della terra e dell’uomo
 

La minaccia dei fertilizzanti di massa e le contromisure da adottare

 
 
 

In tutta Europa e in buona parte del mondo ormai si concepisce un’agricoltura differente da quella di decenni fa, più orientata alla produzione estrema e ...

 
 

 

mercoledì 26 maggio 2021

 

 

In tutta Europa e in buona parte del mondo ormai si concepisce un’agricoltura differente da quella di decenni fa, più orientata alla produzione estrema e meno alla qualità e soprattutto alla salubrità del prodotto.

E questo non avviene solo presso le coltivazioni che fanno capo a grandi gruppi industriali, incalzati dal mercato e dalle leggi economiche, ma anche in realtà più limitate, che se vogliamo potrebbero essere più a misura d’uomo.

Pensiamo a giovani agricoltori con la responsabilità di circa 100 ettari, un terreno vasto ma non comparabile con le corazzate dell’industria di prima fascia, che con trattori ultramoderni dotati di immense braccia meccaniche, ricoprono a tappeto la loro area di competenza, fatta di orzo, colza e mais, con un sottile ma denso pulviscolo di fertilizzanti intrisi di azoto.

Molti esperti della produzione di cereali fanno notare come le culture abbiano bisogno di questa polvere, per produrre risultati all’insegna dell’abbondanza e di un impatto visivo allettante e rassicurante del prodotto.

Ogni anno, soprattutto da febbraio a fine aprile, i fertilizzanti di ogni genere raggiungono il loro massimo momento di utilizzo, e la loro parte in azoto, spesso presente, non viene tutta assorbita dalle piante.

Questo vuol dire, a prescindere dalla nocività potenziale di un prodotto commestibile contaminato dall’azoto, che ci sono sostanze tossiche che vanno a compromettere ulteriormente la qualità dell’aria, creano gas a effetto serra e minacciano fortemente la salubrità dei nostri mari e delle nostre acque.

Si tratta di una minaccia planetaria: a livello mondiale ogni anno sono prodotte circa 130 milioni di tonnellate di azoto, a causa dei fertilizzanti.

Si stima che le piante complessivamente assorbano solo il 50% dell’azoto utilizzato nelle culture agricole.

In un report la Banca Mondiale nel 2019 affermava che “ le polluzioni legate all’azoto sono da considerare come una delle più grandi piaghe dell’ecosistema con cui si deve fare i conti, essendo impattanti contro molteplici elementi, tra cui in definitiva spicca la salute umana”.

Una bomba climatica e sanitaria, come ci dice Claude Aubert, ingegnere, agronomo, pioniere dell’agricoltura biologica.

Questo professionista del settore ci spiega come, in definitiva, non sia l’utilizzo degli additivi chimici il problema, anzi, in un mondo che si avviava all’esplosione demografica, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, era molto opportuno aver trovato soluzioni per ampliare sensibilmente la produzione.

Il problema sono gli abusi che si finisce col fare di certe soluzioni, quando gli allevamenti intensivi hanno preso il sopravvento e il tasso chimico/tossico è salito alle stelle creando un corto circuito per l’uomo e il pianeta.

Questi additivi chimici penetrano nell’organismo umano profondamente, secondo un meccanismo tipico delle polveri sottilissime (le più pericolose), e iniziano da dentro una loro azione di alterazione del nostro corpo, qualcosa che, fatte le debite proporzioni e se protratto con costanza e abbondanza nel tempo, può ricordare i disastri che notoriamente provoca l’amianto.

Per quanto riguarda il clima, si tratta con queste procedure di generare gas a effetto serra che restano nell’aria per un centinaio di anni dalla loro emissione, un fattore inquinante aggiuntivo rispetto a quelli forse più noti dei trasporti, delle industrie, degli allevamenti di bestiame e così via.

In effetti, si sta intraprendendo una politica di contrasto a questi fenomeni forse ancora un po’ limitata nei provvedimenti e negli effetti, come se fino a poco tempo fa il problema della chimica nelle colture fosse un discorso marginale: non è così!

Comunque l’Unione Europea si sta muovendo, per portare i cittadini di tutti i Paesi che la compongono il prima possibile fuori da questo pericolo silenzioso quanto temibile, e aprire un’era di fertilizzanti e concimi alternativi.

L’ideale sarebbe arrivare ad utilizzare solo dei cosiddetti “green fertilizzanti”, cioè prodotti che derivano dalla natura e che sono organici, cioè che derivano da resti di altre piante o animali, ad esempio.

L’aspetto fondamentale di questi metodi alternativi è la loro biodegradabilità, il loro non rappresentare un peso nel lungo periodo per l’ecosistema e la loro compatibilità con la salute dell’ambiente e del genere umano.

L’umanità ha camminato per dritto e per rovescio, andando spesso nelle direzioni più disparate, ma mai dove gli uomini più responsabili la volevano mandare; però ha camminato, si è evoluta, ha corretto il tiro in molteplici momenti storici.

Questo ci deve fare ben sperare, ci deve portare a ritenere che il campanello d’allarme sinistro e inatteso suonato dalla pandemia possa dare una accelerazione a quella riscossa che ci deve vedere protagonisti, oltre che speranzosi spettatori.

Il problema sono gli abusi che si finisce col fare di certe soluzioni, quando gli allevamenti intensivi hanno preso il sopravvento e il tasso chimico/tossico è salito alle stelle creando un corto circuito per l’uomo e il pianeta.