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FOCUS
L’insostenibilità in una tazzina di caffè
 

 
 
 

Il caffè è la seconda materia prima, dopo il petrolio, maggiormente trattata nei mercati finanziari e la bevanda più consumata, dopo l’acqua. Al mondo vengono ...

 
 

 

mercoledì 13 ottobre 2021

 

 

Il caffè è la seconda materia prima, dopo il petrolio, maggiormente trattata nei mercati finanziari e la bevanda più consumata, dopo l’acqua. Al mondo vengono consumate 2,5 miliardi di tazze al giorno di caffè, il 33% del consumo globale è europeo. Secondo uno studio del WWF, la produzione attuale di caffè è 169 milioni di sacchi*, di cui 96 milioni di Arabica e 73 milioni di Robusta. La “Yale School of Economics”, ha stimato che la produzione di caffè dovrebbe triplicare entro il 2050 per riuscire a soddisfare la crescente domanda globale, e per poter raggiungere questi standard occorrerà rendere agricolo il 60% di territorio attualmente occupato da foreste. La deforestazione rappresenta uno dei principali problemi derivanti dalla coltivazione del caffè, in passato le coltivazioni si estendevano all’ombra degli alberi delle foreste, ma la progressiva crescita della richiesta di mercato ha modificato le modalità di coltivazione. Da circa 20 anni le colture sono infinite distese di terreni esposti alla luce diretta del sole e la produzione è notevolmente incrementata, a discapito di foreste e di biodiversità che continuano ad affievolirsi. Il disboscamento ha ridotto il  numero di alcuni predatori, come i pipistrelli, con conseguente prolificazione di parassiti che aggrediscono le piantagioni. E per riuscire a salvare i raccolti vi è un utilizzo sconsiderato di pesticidi che sta “avvelenando il caffè”.

Dal punto di vista della sostenibilità i problemi principali sono: la deforestazione e la perdita di biodiversità, l’utilizzo di pesticidi nelle colture, le condizioni di povertà e la scarsa tutela dei lavoratori e dei piccoli imprenditori appartenenti alla filiera del caffè, al sud del mondo.

Deforestazione e perdita di biodiversità:

Le foreste rappresentano l’ecosistema per eccellenza, si stima che l’80% delle specie vegetali e animali vivano al loro interno. Secondo uno studio della FAO la terra è ricoperta da boschi per quasi 4 miliardi di ettari, negli ultimi 50 anni sono scomparsi 12 milioni di ettari di terra boschiva e un numero elevato di biodiversità. La perdita di quest’ultima è dovuta alla sparizione degli habitat animali e all’introduzione di specie vegetali alloctone, che hanno interferito con la vita delle piante e degli animali delle foreste. Tra le specie animali più a rischio, secondo uno studio del WWF, ci sono la tigre di Sumatra, il gattopardo, alcuni tipi di scimmie, serpenti e alligatori. Il disboscamento è principalmente dovuto a coltivazioni e allevamenti intensivi, all’acquisizione di legname e agli incendi. Deforestazione e cambiamenti climatici sono elementi strettamente correlati, poiché gli alberi hanno un ruolo cruciale nell’assorbimento della CO2. Secondo uno studio del Climate Institute di Sydney, a seguito dell’innalzamento delle temperature, si stima che nel 2050 i luoghi adatti alle coltivazioni del caffè saranno dimezzati. Infatti la temperatura massima per la crescita di queste piante è di 32 gradi centigradi.

Uso di pesticidi:

Un argomento fino a poco tempo fa sconosciuto è l’uso di pesticidi nelle piantagioni di caffè. In alcuni studi, nei chicchi provenienti dal sud America sono state rilevate tracce di additivi come Terbufos, insetticida tossico vietato in Europa e legale in Brasile e il glifosato, l’erbicida più conosciuto e vietato in Europa.

Insostenibilità del lavoro dei coltivatori locali:

Circa 20 milioni di piccoli imprenditori del sud del mondo producono l’80% del caffè in commercio. Secondo uno studio della Yale School of Economics, gli stipendi dei piccoli agricoltori rasentano la soglia di povertà. Infatti nonostante il giro d’affari del caffè sia di oltre 100 miliardi di dollari, chi sta all’inizio della filiera ha un profitto minimo ed è soggetto a degli imprevisti metereologici, come la siccità o le alluvioni, che rischiano di compromettere quelle fonti di guadagno, risicate già alla base.

Soluzioni per soddisfare una richiesta di mercato in crescita e arrestare i problemi ambientali e sociali

I problemi sopracitati non hanno lasciato indifferenti le grandi aziende che commerciano caffè, le quali hanno capito che se non si agisce immediatamente la loro materia prima, tra qualche anno, potrebbe non essere più reperibile. Alcune piccole aziende, come l’italiana Salomoni caffè, hanno deciso di investire in piccole piantagioni coltivate sostenibilmente dagli artigiani della Sierra Nevada, portando sul mercato un prodotto di nicchia come il caffè biologico. La multinazionale Nespresso, da diversi anni, ha investito milioni di dollari nel programma AAA Sustainable Quality, per supportare e far nascere piccole cooperative del caffè nel Sudan, garantendo un caffè di qualità e un reddito decoroso per tutti gli attori della filiera. Il noto caffè Lavazza, con la Fondazione Giuseppe e Pericle Lavazza Onlus mette in opera progetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Anche Illycaffè, azienda riconosciuta per la nona volta, dal World’s Most Ethical Companies da Ethisphere Institute, leader globale nella definizione e sviluppo di standard etici aziendali ha messo in atto diversi progetti di sostenibilità che supportano l’istruzione, la riforestazione, la riduzione idrica nelle varie fasi della produzione, nei vari Paesi in cui vi sono le piantagioni di caffè. Le soluzioni a questo tipo di problemi esistono e iniziano a prendere forma, sperando che qualcuno ignori quella più semplice ma più dannosa per l’ambiente, come l’utilizzo di semi resistenti alle elevate temperature che caratterizzano gli ultimi anni.

* l’unità di misura del caffè sono i sacchi, ogni sacco contiene 60 kg di caffè