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FOCUS
L’impatto dell’uomo sulla natura ha origini lontane
 

L’importanza dell’adattamento ai continui cambiamenti climatici

 
 
 

L’impatto dell’uomo sulla natura ha origini lontane, secondo un recente studio, che rivela come l’ attività umana abbia da sempre accompagnato e accelerato i cambiamenti ...

 
 

 

mercoledì 17 novembre 2021

 

 

L’impatto dell’uomo sulla natura ha origini lontane, secondo un recente studio, che rivela come l’ attività umana abbia da sempre accompagnato e accelerato i cambiamenti climatici naturali avvenuti nel corso del tempo.

Se, infatti, gli albori dell’attuale riscaldamento globale sono associati all’inizio della rivoluzione industriale, datata a un paio di secoli fa, da molto più tempo l’uomo avrebbe iniziato a influenzare l’habitat naturale terrestre. 

E’ quanto emerge da un recente studio condotto da un team di esperti dell’Università di Bergen in Norvegia, coordinati da Ondrej Mottl e Suzette GA Flantua, che spiegano “il nostro è il primo studio quantitativo che prova come l’uomo abbia avuto un forte impatto sul pianeta non solo negli ultimi decenni o secoli ma già migliaia di anni fa”.  

I ricercatori hanno analizzato 1.181 campioni di fanghi estratti, a diverse profondità, in zone lacustri e paludose di tutti i continenti. Grazie all’osservazione dei fossili dei pollini e di altri resti vegetali ritrovati, risalenti addirittura a circa 18mila anni fa, hanno potuto osservare le trasformazioni dei terreni e della vegetazione avvenuta nel corso dei millenni.

Dai dati raccolti, è emerso che la vegetazione del pianeta ha iniziato a cambiare drasticamente già tra 4,6 e 2,9 mila anni fa ed è probabile che la causa principale fosse connessa all’attività umana: la nascita dell’agricoltura e dell’allevamento, le prime grandi migrazioni umane con la conseguente deforestazione e l’uso del fuoco per ripulire i paesaggi.

La trasformazione ambientale degli ultimi secoli, sempre secondo lo studio, eguaglia quanto accaduto tra i 16mila e i 10mila anni fa, con la fine dell’era glaciale. Quando i ghiacciai dell’emisfero settentrionale si ritirarono lasciando il posto a foresta, tundra e praterie e a un aumento globale della temperatura di 6 gradi celsius che determinò la nascita di una nuova vegetazione.

“Non è dunque la prima volta che l’uomo impatta in maniera irreversibile sul Pianeta e che assiste a enormi trasformazioni climatiche. I cambiamenti del paesaggio dell’ultimo secolo o due, per quanto drammatici siano stati, sono solo la continuazione di tendenze già in atto da migliaia di anni”, conclude Mottl.

Una delle autrici dello studio, Suxzette Flantua del Bjerknes Centre for Climate Research dell’università di Bergen, ricorda che nel tempo, la vegetazione è sempre stata soggetta a trasformazioni, a causa del clima, dell’uomo o di entrambe. Esaminando le risposte della vegetazione durante gli ultimi 18.000 anni, si evince che le trasformazioni non sono state sempre uguali nel tempo e nello spazio. Alcune aree hanno risposto in modo simile come nelle zone temperate ma ai tropici è stato diverso e dunque non esiste una risposta unica globale della vegetazione al clima. Inoltre, sottolinea la ricercatrice, lo studio prova che la velocità di cambiamento dell’ecosistema continuerà ad accelerare nei prossimi decenni, poiché i cambiamenti climatici moderni vanno a sommarsi a questa lunga storia di cambiamenti che ha origine con l’uomo stesso. 

“Le recenti trasformazioni della biodiversità rappresentano solo l’inizio di un processo di cambiamento a lungo termine, che coinvolge l’ecosistema e sarà ancor più grande di quello avvenuto con la fine dell’era glaciale”, afferma.

“Forse ciò che viene considerato incontaminato non lo è affatto – per chiudere con le parole di Flantua – Invece di cercare di mantenere inalterate le varietà delle specie che hanno caratterizzato il  passato, dobbiamo iniziare a gestire il cambiamento e a immaginare il futuro. Molte delle foreste che abbiamo ora stanno morendo perché quegli alberi si sono stati piantati e sono cresciuti in condizioni più fresche e umide. Man mano che il clima diventa più caldo ed estremo, dovremo piantare specie in grado di sopravvivere alle nuove temperature”.

Non è la prima volta che l’uomo impatta in maniera irreversibile sul Pianeta e che assiste a enormi trasformazioni climatiche. I cambiamenti del paesaggio dell’ultimo secolo o due, per quanto drammatici siano stati, sono solo la continuazione di tendenze già in atto da migliaia di anni.