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FOCUS
L’Europa a un bivio
 

Il Parlamento europeo chiede la riduzione del 60% delle emissioni climalteranti ma nessun Paese dell’area Euro ha ridotto i propri sussidi alle fonti fossili

 
 
 

Il rapporto Aria tossica: il costo dei combustibili fossili di Greenpeace Asia e CREA stima il danno in termini economici e di salute legato all’inquinamento atmosferico: 4,5 ...

 
 

 

mercoledì 14 ottobre 2020

 

 

Il rapporto Aria tossica: il costo dei combustibili fossili di Greenpeace Asia e CREA stima il danno in termini economici e di salute legato all’inquinamento atmosferico: 4,5 milioni di morti premature e 2.900 miliardi di dollari, 100 di questi solo per i giorni di assenza dal lavoro, equivalenti al 3,3% del Pil mondiale, ovvero 8 miliardi di dollari al giorno. La situazione non è diversa in Italia dove si parla di circa 56 mila morti all’anno e 61 miliardi di dollari.

Le istituzioni europee e mondiali, a fronte di questi numeri, sono impegnate con diverse iniziative ad accelerare la transizione green verso un’economia più sostenibile e pulita. E’ recente la proposta del Parlamento Europeo che prevede l’ulteriore riduzione al 60% delle emissioni climalteranti entro il 2030. Questo nell’ottica dello 0% al 2050 – Carbon Neutrality, che è il cardine del New Green Deal e che mira alla graduale eliminazione delle fonti energetiche fossili.

Le iniziative comunitarie sono però in controtendenza con le analisi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia. Secondo IEA il valore complessivo dei sussidi alle fonti fossili nel 2017 è stimato in 300 miliardi di dollari, con una crescita di 30 milioni rispetto al 2016. Nello specifico il 45% del totale a sostegno del petrolio, quasi 137 miliardi di dollari, il 23% al gas e 2 miliari al carbone.

Legambiente conferma che il trend nel nostro Paese è il medesimo. Sono infatti circa 18,8 i miliardi arrivati, in un anno, in Italia al settore delle fonti fossili tra:

  • sussidi diretti e indiretti al consumo o alla produzione di idrocarburi;
  • sussidi alle trivellazioni; 
  • esenzioni per imprese energivore;
  • finanziamenti pubblici;
  • contributi a impianti e centrali;
  • incentivi alla gassificazione da fossili.

I numeri di Still Digging, il recente rapporto di Friends of the Earth USA e Oil Change International, dicono molto: secondo le analisi, negli ultimi 5 anni, il nostro Paese ha destinato più di 3 miliardi di euro l’anno allo sfruttamento di combustibili fossili rispetto ai 215 milioni di euro assicurati, nello stesso tempo, alle fonti rinnovabili pulite. Ma lo studio dice anche che siamo in buona compagnia se è vero che anche gli altri Paesi del G20 hanno destinato circa 71 miliardi di euro l’anno a petrolio, gas e carbone, il triplo di quanto andato alle altre fonti energetiche sostenibili.

Sempre Legambiente sottolinea il paradosso per il quale, in un periodo in cui le fonti rinnovabili sono diventate competitive in molti contesti e si potrebbe quindi pianificare le politiche per contenere l’innalzamento della temperatura globale, le fonti fossili più inquinanti e più responsabili dell’effetto serra, continuano invece a beneficiare di ingenti sostegni.

Allo stato dei fatti sono in molti a chiedersi allora come sia possibile che, dietro alle affermazioni e ai proclami pubblici, somme tanto ingenti vengano ancora utilizzate per sovvenzionare le fonti fossili, i maggiori responsabili del surriscaldamento globale. Una parte degli analisti di settore spiega questa anomalia adducendo alle ingenti somme di denaro, circa 260 miliardi di euro l’anno, di investimenti aggiuntivi necessari per gestire la transizione verso un sistema produttivo eco – sostenibile.

Questo spiegazione però non sembra reggere a conti fatti se anche il The Guardian, la testata capofila sulle questioni ambientali, afferma che se solo il 10% dei sussidi pubblici destinato alle fonti fossili fosse reindirizzato sulle quelle rinnovabili, la transizione energetica sarebbe possibile e sostenibile, anche economicamente. E si potrebbe contrastare il surriscaldamento globale. Anche perché anche l’IPCC ha calcolato che, a questi ritmi entro il 2100, in considerazione del previsto aumento del fabbisogno energetico dovuto all’incremento della popolazione, l’emissione di CO2 in atmosfera è destinata a crescere del 250% con un aumento della temperatura di 7 gradi!

Una questione che non è passata inosservata agli occhi del Segretario dell’Onu, Antonio Guterres che ha rilasciato queste dichiarazioni: “Quello che stiamo facendo è usare i soldi dei contribuenti e i nostri per alimentare uragani, diffondere siccità, sciogliere i ghiacciai e… distruggere il mondo”.