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FOCUS
La moda etica e sostenibile, le tendenze del mercato
 

Essere sostenibili nel comparto della moda vuol dire salvaguardare l’ambiente, i diritti dei lavoratori e le scelte dei consumatori

 
 
 

È di 96 miliardi di euro (+ 0,9%) il fatturato nel 2018 con un export al + 2,6% rispetto al 2017. Sono i dati registrati ...

 
 

 

mercoledì 14 ottobre 2020

 

 

È di 96 miliardi di euro (+ 0,9%) il fatturato nel 2018 con un export al + 2,6% rispetto al 2017. Sono i dati registrati da Confindustria Moda che secondo Fashion For Good sono destinati a crescere ulteriormente. I numeri attestano come il settore della moda sia davvero in grande salute. Il rovescio della medaglia purtroppo, non molti lo sanno, è che parliamo di un’industria molto inquinante, seconda solo a quella petrolchimica, che rende la produzione e la vendita di vestiti un fattore da monitorare per controllare lo stato di salute del nostro pianeta. 

L’edizione di “Pulse of the fashion industry 2019” di Global Fashion Agenda dimostra infatti che un cambio di rotta è necessario considerato che il consumo di abbigliamento stimato nel 2030 aumenterà dalle 62 milioni di tonnellate a 102 milioni di tonnellate con un incremento:

  • del tasso di inquinamento (+ 49%);
  • dell’utilizzo di acqua e agenti chimici (+ 63%);
  • della produzione di rifiuti (+ 61%).

Per capire cosa significhi per l’ambiente basti pensare che, per produrre una sola tshirt di cotone, occorrono circa 2700 litri d’acqua e sono emessi in atmosfera 10 chili di CO2. Senza contare poi le risorse impiegate per l’imballaggio e il trasporto.

I numeri sono impietosi e, considerato anche la crescente attenzione dei consumatori alla produzione etica e alla sostenibilità dell’intera filiera, siamo di fronte a una svolta green dell’intero comparto che, in tal modo, risponde alle esigenze di un mercato che cambia e fa della sostenibilità ambientale uno dei trend galoppanti del prossimo futuro.

Prestigiose griff a livello internazionale sono da tempo infatti entrate sul mercato della moda sostenibile. Stella McCartney, Mara Hoffmann, Monki, Reformation, Nanushka, sono solo alcune delle aziende impegnate oggi nella produzione di abiti ecosostenibili, con un occhio particolare alla scelta dei tessuti, delle tinture e al riutilizzo dei materiali di recupero. Le più recenti analisi confermano che questo approccio è oggi apprezzato dai consumatori.  I dati di Lyst, la piattaforma globale di ricerca nel settore moda, confermano infatti un aumento di interesse per l’abbigliamento sostenibile. Lo studio si basa sull’analisi degli acquisti di oltre due milioni di utenti in oltre 12000 e-commerce e stila una classifica dei 30 paesi più attenti alla moda etica e rispettosa dell’ambiente. Sono in crescita Danimarca, Germania, Svezia, Svizzera e Norvegia che occupano infatti le prime cinque posizioni.

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La tendenza non poteva non riguardare anche l’Italia, un punto di riferimento quando si parla di eleganza e stile, anche ecocompatibile, dove negli ultimi due anni: 

  • è cresciuta del 78% la domanda di capi sostenibili;
  • il 55% dei consumatori è disposto a pagare di più per abiti eco-friendly.

Il bel paese è diventato una delle patrie del business della moda sostenibile dove grandi e piccole griff, più o meno commerciali, concorrono a rendere più green il settore. Giuseppe Buccinà, Laura Strambi, Alessandra Micolucci sono alcune delle case di moda che producono abiti utilizzando materie prime certificate, tessuti biologici, materiali di recupero e sistemi produttivi a basso impatto ambientale.

Siamo di fronte a una svolta green dell’intero comparto che, in tal modo, risponde alle esigenze di un mercato che cambia e fa della sostenibilità ambientale uno dei trend galoppanti del prossimo futuro