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FOCUS
La lotta per l’ambiente comincia a tavola
 

L’importanza di ripensare le abitudini alimentari

 
 
 

La tavola degli italiani esce profondamente trasformata dalla pandemia e si colora di verde. Secondo il “Rapporto Coop 2021 – Economia, consumi e stili di vita di ...

 
 

 

mercoledì 20 ottobre 2021

 

 

La tavola degli italiani esce profondamente trasformata dalla pandemia e si colora di verde. Secondo il “Rapporto Coop 2021 – Economia, consumi e stili di vita di oggi e di domani”, un cittadino su sei dichiara di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale e l’88% del campione esaminato, dichiara di fare scelte sostenibili nell’acquisto di prodotti alimentari, pur associando valori differenti al concetto di «sostenibilità».

Per alcuni, è legato al metodo di produzione (33%), per altri all’attenzione per gli imballaggi (33%), all’origine delle materie prime o alla filiera controllata (21%), e ancora a fattori di responsabilità etica e sociale come il rispetto dei diritti dei lavoratori e degli attori della filiera (9%).

Il 46% degli intervistati, inoltre, si dichiara disposto a spendere almeno il 2% in più per avere prodotti che rispettino le garanzie ambientali.

Aumenta l’attenzione ai contenuti intrinseci dei prodotti e si delega sempre meno le scelte ad una incondizionata fiducia verso il marchio, i consumatori sono, oggi, meno disposti a pagare per contenuti di pura immagine.

Così le indicazioni sull’origine e la provenienza del cibo sono determinanti per l’acquisto per il 39% degli Italiani, per il 28% lo sono i valori nutrizionali e a seguire il metodo di produzione (per il 26%).

Intanto, il consumo di carne continua a ridursi, come dichiara il 13% dei cittadini che ha limitato il consumo rispetto agli anni passati mentre raddoppiano le vendite di prodotti vegani di nuova generazione. Un salto che non è dovuto a un aumento nel numero di persone che decidono di diventare vegane tout court ma “di consumatori che ritengono che prediligere un’alimentazione vegetariana migliori la salute e che la produzione intensiva di carne abbia delle ripercussioni negative sull’ambiente, con aumento della deforestazione e della CO2”.

Gli italiani riconoscono nel riscaldamento climatico, il principale fattore di cambiamento del cibo del futuro, sia prevedendone una maggiore scarsità a causa del climate change (26%), sia immaginando che per salvare il clima occorrerà cambiare la nostra alimentazione (32%). In tal senso, un aiuto verrà dalla scienza e dalla tecnologia per il 26% degli intervistati e in questo senso tra le new entry sulle tavole degli italiani da qui a 10 anni ci sono cibi vegetali con il sapore di carne, a base di alghe, farina di insetti e anche la carne coltivata in vitro. In realtà, la food revolution è già in corso. Gli investimenti nel solo 2020 in cibi e bevande vegan di prossima generazione ammontano a 6,2 miliardi.

D’altronde, più proteine ​​animali vengono consumate, più cresce la quantità di terreno necessario per nutrire il bestiame. Soia e mais, che attualmente sono il principale alimento degli animali, richiedono infatti grandi quantità di terreni. Si consideri, uscendo dal nostro territorio, che già nel 2010 l’industria zootecnica britannica aveva bisogno di un’area delle dimensioni dello Yorkshire (ovvero più di 11 mila chilometri quadrati, più della superficie dell’intero Abruzzo) per produrre la soia per i mangimi.

Le stime ufficiali dicono che se la domanda globale di proteine ​​animali dovesse crescere, come purtroppo annunciano le previsioni, dovremmo aumentare dell’80% la produzione agricola per nutrire tutti gli animali. La conseguenza più drammatica di questa situazione è che le aree più pregiate e vulnerabili del Pianeta, come l’Amazzonia, il bacino del Congo, lo Yangtze, il Mekong, l’Himalaya e le foreste del Plateau del Deccan, le cui risorse idriche sono già sottoposte a forti pressioni, verranno sempre più utilizzate per la coltivazione di mangimi.

Un nuovo studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) ribadisce in una pubblicazione su Nature Sustainability come allo stato attuale il sistema alimentare sia in grado di fornire una dieta bilanciata (2,355 kcal pro capite al giorno) a solo 3.4 miliardi di persone, quantificando per la prima volta l’insostenibilità dei ritmi attuali di sfruttamento delle risorse alimentari.

“Per produrre cibo stiamo compromettendo l’ecosistema – spiega il Professor Dieter Gerten, lead-author dello studio – Impoveriamo la terra con l’allevamento e la coltivazione intensiva, fertilizziamo ed irrighiamo troppo e mettiamo in pericolo il ciclo dell’acqua, questi sono i principali problemi”. E prosegue: “Per risolverli, occorre ripensare completamente la filiera del cibo”. Secondo i ricercatori infatti, la sola riorganizzazione delle tecniche agricole garantirebbe un’alimentazione sostenibile per 7.8 miliardi di persone, poco più della popolazione attuale.

Le capacità di adattamento delle popolazioni umane ed animali al clima e agli alimenti sono legate alle risorse naturali che da sempre hanno caratterizzato l’ambiente di vita nel quale si sono evolute. Come altre volte nel corso della storia, siamo oggi giunti a un momento epocale, in cui è necessario ripensare il sistema alimentare dal micro al macro: ognuno di noi può adottare abitudini alimentari rispettose dell’ambiente e, di pari passo, resta fondamentale la riorganizzazione razionale delle tecniche agricole.

Si registra un aumento di consumatori che ritengono che prediligere un’alimentazione vegetariana migliori la salute e che la produzione intensiva di carne abbia delle ripercussioni negative sull’ambiente, con aumento della deforestazione e della CO2