< back

FOCUS
La guerra del gas, analisi e prospettive di un mercato in evoluzione
 

Prezzi, inflazione e stoccaggi a rischio dopo l'incidente al North Stream 1

 
 
 

E’ del venti per cento il livello degli stoccaggi di gas naturale dell’Unione Europea nel caso, non impossibile, che la fornitura russa cessi a partire ...

 
 

 

venerdì 7 ottobre 2022

 

 

E’ del venti per cento il livello degli stoccaggi di gas naturale dell’Unione Europea nel caso, non impossibile, che la fornitura russa cessi a partire da novembre 2022. Una percentuale che però potrebbe arrivare al 5% se non venissero confermati i rialzi nelle importazioni di gas liquefatto dagli Stati Uniti. Sono questi i risultati di un’analisi di resilienza del mercato del gas nella UE condotta dalla IEA – Agenzia Internazionale dell’Energia.

Gli scenari sono poco rassicuranti ma per una volta i numeri rispecchiano la realtà, o per meglio dire, la propaganda. Da qualche giorno circola sui social network un video lanciato dal Cremlino in cui si mostra un’Europa al gelo dopo la chiusura dei – rubinetti di gas – russi da parte degli operai di Gazprom. Il tutto condito da un sottofondo musicale per drammatizzare la situazione. E’ la realtà che potrebbe aspettarci con l’inverno alle porte.

I primi segnali ci sono già visto che da inizio ottobre, da 15/20 milioni di metri cubi di gas naturali importati nel nostro Paese, si è scesi a zero. Il rischio è che questa interruzione dei flussi verso l’Europa da parte del gigante russo, a seguito anche dell’incidente ancora non chiarito nelle sue dinamiche, al gasdotto North Stream 1, se non ripristinata almeno in parte, comporti una serie di problemi già sotto gli occhi di tutti.

I prezzi dell’energia sono aumentati, con bollette più che raddoppiate per cittadini e imprese, non solo in Italia ed Europa ma anche al di fuori dei confini del vecchio continente. Con molte attività economiche che nel nostro Paese, vista l’impossibilità di molti imprenditori di saldare i conti energetici, sono state costrette a chiudere i battenti e con il rischio concreto che senza il gas russo, il nostro PIL per il 2023 possa segnare un calo del 3,1%.

La crisi geopolitica, e quella energetica che ne consegue, hanno cambiato le carte in tavola a livello internazionale e portato molti Paesi, i meno autonomi da questo punto di vista, a rivedere posizioni e strategie per il futuro a breve termine, con l’inverno alle porte e un approvvigionamento di fonti energetiche sempre più incerto. La risposta fin qui assunta in sede comunitaria non è stata unitaria, con proposte avanzate dai vari Stati che si distinguono fra l’imposizione di un price cap, il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’energia fino all’adozione di un nuovo indice dei prezzi complementare al TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam che, oltre a essere il mercato di riferimento europeo per lo scambio del gas, ne determina il prezzo.

La Germania, a esempio, ha varato un piano da 200 miliardi di euro in aiuto a famiglie e imprese che in molti vedono però come un aiuto di Stato e una misura illegittima ai sensi del diritto europeo sulla concorrenza. La mossa del cancelliere tedesco, secondo molti analisti, è non solo illusoria ma anche inutile perché singole prese di posizione, non concordate a livello di euro zona, non possono risolvere la crisi. Ursula Von der Leyen, a tal proposito, ha ribadito la necessità in questa fase di intensificare la partecipazione congiunta dei diversi Paesi per evitare uno scenario all’interno del quale gli Stati membri possano causare, con politiche indipendenti, un ulteriore aumento dei prezzi del gas.    

La speculazione sui mercati è la causa dell’aumento vertiginoso delle bollette energetiche. Per dare un’idea di quanto questa pesi nel determinare il prezzo del gas, più che la reale disponibilità e fornitura della materia prima dalla Russia, basti pensare che il solo annuncio (privo di conferma peraltro) di un’accordo sull’imposizione di un price cap, ha portato a un calo del 20% del suo costo.

Una posizione unitaria di tutti gli Stati membri è più che necessaria.

L’analisi complessiva dimostra che sullo scenario globale si sovrappongono diverse tendenze interconnesse fra loro. Per quanto riguarda la domanda di gas naturale, è evidente come questa attraversi una fase di contrazione che è destinata a perdurare nel breve periodo, dovuta al calo della domanda. Il trend iniziato nel 2021, causa la riduzione della produzione industriale e la pandemia, potrebbe portare a un calo dello 0.8% dei consumi di gas naturale su scala mondiale. Ma anche a un meno 10% su su quella europea.

Il dato sarebbe molto positivo poiché andrebbe a indicare come la razionalizzazione dei consumi, più volte indicata come strategica dai vari governi europei, procede nella giusta direzione. Diverrebbe molto preoccupante se questa fosse invece “naturale” nel senso di essere il risultato della chiusura di società e imprese.

È pur vero però che, per quanto riguarda l’Italia, il lavoro fin qui fatto dal Governo uscente per diversificare gli approvvigionamenti energetici, unitamente al Piano Nazionale di Contenimento dei Consumi, proposto il 6 settembre dal Ministro Cingolani ha dato esiti positivi. Le importazioni di gas dalla Russia sono scese infatti dal 45 al 10%.

Il gas naturale liquefatto invece, in questi mesi, è il protagonista dei mercati internazionali, considerato il suo incremento che è arrivato al 65% nei primi otto mesi del 2022 e che ha permesso ai Paesi europei di compensare il calo delle forniture di gas naturale russo.

Keisuke Sadamori, Direttore dei mercati energetici della IEA, ha affermato che le prospettive per i mercati del gas rimangono offuscate, anche a causa del comportamento della Russia, che ha smentito la sua reputazione di fornitore affidabile. Lo stesso Sadamori ha poi ribadito che sarebbe necessaria una riduzione della domanda di gas dell’UE durante il periodo invernale del 9% rispetto al livello medio degli ultimi cinque anni per mantenere i livelli di stoccaggio del gas al di sopra del 25% in caso di minori afflussi di gas naturale liquefatto – GNL e una riduzione del 13% per mantenere livelli di stoccaggio superiori al 33% in caso di bassi afflussi di GNL. 

La crisi geopolitica, e quella energetica che ne consegue, hanno portato molti paesi a rivedere posizioni e strategie per il futuro a breve termine