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FOCUS
Il grande bluff della CO2
 

I dati sul tavolo della COP26 di Glasgow

 
 
 

L’Intergovernmental Panel on Climate Change,nel suo ultimo report, stima che oggi la CO2 presente in atmosfera sia raddoppiata (+50%) rispetto ai livelli preindustriali del 1800. ...

 
 

 

mercoledì 3 novembre 2021

 

 

L’Intergovernmental Panel on Climate Change,nel suo ultimo report, stima che oggi la CO2 presente in atmosfera sia raddoppiata (+50%) rispetto ai livelli preindustriali del 1800. Lo stesso Istituto rileva che il poco edificante primato ci ha portato a superare, e già da qualche anno, il primo grado di aumento della temperatura media globale. Nello specifico parliamo di 1,09 gradi in più. Un dato che è stato confermato anche durante i lavori del G20 appena conclusosi a Roma.

Sono proprio i Paesi del G20 che secondo il Climate Transparency Report sono i maggiori imputati di questa “impennata” poiché, ancora oggi, contribuiscono per il 75% alle emissioni globali di gas serra in atmosfera. Il motivo è presto spiegato se si considera che lo stesso studio calcola in 300 miliardi di dollari i fondi che gli stessi Paesi hanno destinato a sostegno dei combustibili fossili dall’inizio dell’emergenza sanitaria.

Più di quanto investito a sostegno delle energie rinnovabili. A questo ritmo anche l’UNEP prevede che, da qui al 2030, i Paesi del G20 aumenteranno le estrazioni di carbone del 240%, quelle di petrolio del 57% e quelle di gas del 71%. Percentuali rilevanti e molto distanti da quelle necessarie a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi.

L’analisi evidenzia come, con questi numeri, gli obiettivi dell’Accordo di Parigi non sarebbero raggiunti e il temuto punto di non ritorno, sempre più probabile. Sono oggi in molti a chiedersi se i …bla, bla, bla… di Greta Thunberg fossero premonitori!

La realtà, secondo tutti i maggiori esperti del settore, è che nonostante le promesse e gli impegni, ribaditi nei diversi consessi internazionali, a ridurre le emissioni di CO2 e a investire sempre più in energie pulite e sostenibili, la situazione sia molto diversa da quella che tutti speravano di constatare. L’aumento globale della temperatura media della superficie terrestre, rilevato dai centri di ricerca a livello internazionale, ma percepito anche dai cittadini italiani con le temperature arrivate quest’estate in Sicilia a 48 gradi, è un primo campanello d’allarme.
Ma evidentemente non l’unico.

È il mercato energetico a confermare le tendenze in atto. I prezzi delle fonti non rinnovabili infatti, a livello globale e dopo il periodo legato alla crisi economica e sanitaria che ha visto la sospensione di quasi tutte le attività produttive, hanno subito un notevole incremento.
Nello specifico il prezzo:

  • del petrolio è raddoppiato dal settembre 2020, ed è tornato a 80 dollari al barile;
  • del gas è cresciuto del 230%;
  • del carbone è quadruplicato.

L’incremento delle quotazioni equivale a dire che la domanda delle fossili sia tornata a crescere

Le attività produttive internazionali non sono le uniche a incidere negativamente sulle emissioni climalteranti. I servizi, nello specifico quelli digitali e più legati all’hi – tech, infatti fanno la loro parte. E che parte! Un recente articolo di Milena Gabanelli nel suo Dataroom, uscito sul Corriere della Sera, ha analizzato l’impatto che anche i giganti del web hanno sulle emissioni di CO2 in atmosfera.

I numeri sono davvero ragguardevoli ma, nonostante questo, l’impatto di internet e del nostro utilizzo dei servizi web sul riscaldamento globale non è in agenda nelle politiche di prevenzione della sostenibilità ambientale dei Governi di tutto il mondo. E forse neanche nella consapevolezza collettiva.

Eppure i cloud, ovvero i giganteschi data center dentro ai quali migrano i dati degli utenti, secondo l’analisi della Gabanelli, oggi assorbono l’1% della domanda globale di energia. I consumi si traducono in emissioni. Un solo server infatti produce, in un anno, da 1 a 5 tonnellate di CO2 equivalente, e ogni gigabyte scambiato sulla rete emette da 28 a 63 grammi di CO2.

Basti pensare che, secondo l’agenzia francese Ademe, una singola e-mail da 1 Megabyte emette nel suo invio una dose di circa 19 grammi di CO2.

Parliamo di numeri e percentuali che, proprio in questo periodo, con l’avvio a Glasgow della 26esima Conferenza delle Parti (COP 26) dovrebbero far riflettere e portare i leader delle principali economie mondiali a implementare le loro politiche per accelerare la transizione economica verso modelli di sviluppo più sostenibili.

Sono oggi in molti a chiedersi se i …bla, bla, bla… di Greta Thunberg fossero premonitori!