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FOCUS
I cambiamenti climatici nella regione mediterranea
 

Più consapevolezza e voglia di correre ai ripari

 
 
 

Esistono due modalità per spiegare come siano concreti gli effetti del cambiamento climatico nel bacino del Mediterraneo: sia evocando quello che seriamente rischia di avvenire ...

 
 

 

mercoledì 21 ottobre 2020

 

 

Esistono due modalità per spiegare come siano concreti gli effetti del cambiamento climatico nel bacino del Mediterraneo: sia evocando quello che seriamente rischia di avvenire da qui alla fine del secolo, come ad esempio Venezia sotto il livello del mare, rischio che riguarda anche Pantelleria e altre isole italiane e greche, sia descrivendo quello che ormai è già accaduto. Ad esempio, la professoressa Semia Cherif dell’Università di Tunisi El Manar, una delle coordinatrici del primo rapporto globale su “I rischi legati ai cambiamenti climatici nella Regione Mediterranea”, reso pubblico il 10 ottobre 2019 a Barcellona, assicura che in Tunisia, causa il mescolamento con l’acqua di mare, non esiste più nessuna falda sotterranea d’acqua dolce che non sia salata. Questo documento sottolinea come tra le venti città del Mondo che subiranno l’innalzamento degli oceani da qui al 2050, più della metà si affaccia sul Mediterraneo. In questa regione le temperature si stanno alzando dal 1985 di 0,4 gradi per decennio e da vent’anni il mare si innalza di 3 millimetri all’anno. Da qui al 2040 ci sarà un aumento della temperatura di 2,2 gradi rispetto alla fine del diciannovesimo secolo e di 3,8 gradi da qui al 2100, se non saranno prese delle importanti precauzioni, secondo gli studi di Wolfgang Cramer, ricercatore dell’Università di Marsiglia e coordinatore del progetto. Conseguenze di questo forte riscaldamento saranno una grande siccità, delle inondazioni dovute a piogge intense (ma non in estate), deserti che avanzeranno nel sud dell’Europa, erosione del suolo, e altri inquietanti e pericolosi fattori. Lanciato nel luglio del 2015, questo lavoro risponde a una domanda dei responsabili politici rappresentanti dell’Unione per il Mediterraneo (UPM), organizzazione di 43 Stati tra residenti, membri dell’Unione Europea e Mauritania. Il Segretario dell’UMP, l’egiziano Nasser Kamel, si è detto sconvolto di apprendere che il Mediterraneo è la seconda regione al mondo sottoposta a cambiamenti climatici dopo l’Artico, e sottolinea come ci siano 500 milioni di persone in pericolo attorno a questo “piccolo lago”.

Per avere un’idea precisa, è opportuno evidenziare come la popolazione è pressochè raddoppiata dal 1970 e più che triplicata in Africa del Nord e Medio Oriente. Tra 20 anni, nella zona in questione, col surriscaldamento e la minore disponibilità di acqua dolce, milioni di persone saranno in piena povertà d’acqua, per quanto riguarda la Grecia e la Turchia tutto questo potrebbe avvenire anche prima. La professoressa Cherif annuncia che la diga Kasseb, in Tunisia, una riserva di 437 ettari, sarà vuota entro il 2085. Inoltre spiega come sia impossibile prevedere tutti gli effetti disastrosi che questi mutamenti in peggio potrebbero comportare, ma di certo i raccolti soffriranno moltissimo del riscaldamento della zona. Gli autori del rapporto si sono anche soffermati sulle sorti dell’ecosistema, per esempio sulla salute dei pesci e sul proliferare delle meduse che perturbano il quadro marittimo. Questo studio, dovrà avere entro il 2020 contributi e cifre supplementari, quindi come mai averlo già divulgato, seppur in una forma incompiuta? Risponde alla domanda Grammenos Mastrojeni, Segretario Generale Aggiunto dell’UPM: “Perché non ci possiamo permettere di aspettare. Ogni singolo anno conta. La situazione è così drammatica ma vedo comunque un aspetto positivo: questo lavoro può portare Nord e Sud a lanciare insieme delle dinamiche per correre ai ripari”.