Suez Canal landscape
 

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FOCUS
Gli “alieni” nel Mediterraneo
 

Il fenomeno delle migrazioni lessepsiane

 
 
 

Quando l’uomo modifica il disegno della natura, vi sono sempre delle conseguenze che vanno monitorate e comprese con attenzione. Pensiamo al Canale di Suez, alveo ...

 
 

 

mercoledì 23 giugno 2021

 

 

Quando l’uomo modifica il disegno della natura, vi sono sempre delle conseguenze che vanno monitorate e comprese con attenzione.

Pensiamo al Canale di Suez, alveo artificiale situato in Egitto tra Porto Said sul mar Mediterraneo e Suez sul Mar Rosso, inaugurato nel 1869, che permette la navigazione diretta dal Mediterraneo all’Oceano Indiano, unendo quindi due ecosistemi in origine profondamente diversi.

Il Canale di Suez ha dato vita alla cosiddetta migrazione lessepsiana (dal nome di Ferdinand de Lesseps, promotore ed esecutore di questa grande opera frutto dell’ingegno e della tecnica umana).

La migrazione lessepsiana consiste nell’entrata nel mar Mediterraneo, attraverso il Canale di Suez, di specie marine animali o vegetali provenienti dal Mar Rosso.

Le specie che entrano vengono definite “aliene”, in quanto non appartengono all’habitat originario del Mediterraneo, e possono diventare invasive, al punto di poter mettere a rischio le specie mediterranee autoctone, entrando in competizione ecologica con loro.

Nei primi anni dopo la costruzione del Canale il fenomeno era molto più attenuato, in quanto la salinità del Mar Rosso era estremamente superiore a quella del mar Mediterraneo, grazie alla presenza dei Laghi Amari, attraversati dal Canale di Suez stesso; successivamente il continuo scambio delle acque distribuì in modo più omogeneo la salinità e le migrazioni iniziarono ad essere costanti e variegate.

Esiste anche un fenomeno antilessepsiano, cioè di migrazioni dal mar Mediterraneo al Mar Rosso, ma è molto marginale, in quanto una certa aggressività colonizzatrice è tipica delle specie provenienti dall’Oceano Indiano.

Per quanto riguarda la colonizzazione che parte da Suez e invade il Mediterraneo, è evidente che più si va verso occidente, dove entrano le acque che varcano lo Stretto di Gibilterra, e più si attenua; invece nella parte orientale del Mare Nostrum la proliferazione è ampia e costante.

Soffermiamoci su alcune specie ittiche di origine lessepsiana che ormai abitualmente nuotano i mari italiani, come ad esempio il Pesce coniglio scuro.

Si tratta di un esemplare la cui presenza nel Mediterraneo risale almeno al 1955, quando fu avvistato in Israele, e la prima prova certa della sua presenza in acque italiane risale invece al 2003, nei pressi di Linosa.

Il fatto di essere un pesce erbivoro tropicale, che si nutre di alghe e piante marine, gli ha consentito di entrare a far parte facilmente dell’habitat mediterraneo, dove di base i pesci erbivori scarseggiavano.

Se lo si guarda senza provare a toccarlo non ci sono problemi, ma invece al tatto bisogna essere prudenti, in quanto dispone di raggi spinosi della pinna dorsale, anale e pelvica, tutti collegati a delle ghiandole velenifere.

Passiamo al Pesce palla maculato, la cui prima segnalazione nel Mediterraneo risale al 2003 in Turchia e invece la sua presenza nei mari italiani è del 2013 al largo di Lampedusa.

E’ una specie tropicale tra le più invasive dei nostri mari, e dopo aver colonizzato in lungo e in largo il bacino orientale del Mediterraneo è attualmente in netta espansione geografica.

Si distingue facilmente da altri pesci palla per la presenza di macchie scure sul dorso.

I pesci palla sono tutti tossici al consumo, quindi ne viene vietata la commercializzazione: infatti accumulano negli organi molli un veleno potentissimo, la tetrodotossina.

Vivono vicino a fondali sabbiosi, anche in profondità, e si nutrono di molluschi spezzando con la forte dentatura le corazze e i gusci.

Invece il Pesce flauto è stato avvistato nell’ambito mediterraneo vicino ad Israele nel 2000, e la prima segnalazione in ambito italiano è al largo della Sicilia nel 2004.

Il suo corpo è allungatissimo e quasi tubulare, presenta all’estremità anteriore la bocca con la quale le prede vengono risucchiate; si ciba di piccoli pesci, crostacei e molluschi cefalopodi e vive prevalentemente nei pressi delle scogliere, sia naturali che artificiali.

La sua diffusione, iniziata di recente, è rapidissima, inoltre viene pescato solo accidentalmente dall’uomo che solitamente non lo considera particolarmente appetibile.

Accenniamo infine al Pesce lima reticolato, un colonizzatore del Mediterraneo non rapidissimo ma molto costante, avvistato una prima volta nel 1927 nel mare della Palestina e in Italia solo nel 1967, nei pressi del mare di Taranto.

Dispone di una forma alta e compressa, quasi poligonale, con una testa grande dotata di una bocca terminale e denti incisiviformi a volte sporgenti, la coda è arrotondata.

La pelle è ruvida, tipo cartavetrata, con scaglie di piccole dimensioni a ricoprirla. Le sue dimensioni sono relativamente piccole, vive in gruppi ristretti e si nutre prevalentemente di invertebrati.

E’ opportuno ricordare come le migrazioni lessepsiane, unite a una tropicalizzazione del Mediterraneo, causata dalla crescita rapida della temperatura delle sue acque, stanno cambiando rapidamente il volto al mare che è stato la culla della civiltà moderna e che va studiato e seguito con attenzione, per tutelare quella alchimia cui tutti noi tanto dobbiamo.

E’ opportuno ricordare come le migrazioni lessepsiane, unite a una tropicalizzazione del Mediterraneo, causata dalla crescita rapida della temperatura delle sue acque, stanno cambiando rapidamente il volto al mare che è stato la culla della civiltà moderna e che va studiato e seguito con attenzione, per tutelare quella alchimia cui tutti noi tanto dobbiamo.