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FOCUS
Aumenta l’erosione delle spiagge italiane
 

Il Rapporto di Legambiente fotografa lo stato delle aree costiere

 
 
 

Anche quest’anno con il “Rapporto Spiagge 2021”, Legambiente fotografa la situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane. Tra le problematiche emerse, di ...

 
 

 

mercoledì 25 agosto 2021

 

 

Anche quest’anno con il “Rapporto Spiagge 2021”, Legambiente fotografa la situazione e i cambiamenti in corso nelle aree costiere italiane. Tra le problematiche emerse, di particolare rilevanza il problema dell’avanzare dell’erosione costiera.

Le aree costiere sono uno dei territori e degli ecosistemi in maggiore trasformazione in Italia. Da sempre l’erosione costiera incide sulle spiagge dei nostri mari, dal 1970 i tratti di litorale soggetti a erosione sono triplicati e oggi ne soffre il 46% delle coste sabbiose, con picchi del 60% e oltre in Abruzzo, Sicilia e Calabria. In media si stima la perdita di 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale in erosione e la scomparsa di almeno 40 milioni di metri quadrati di spiagge.

L’erosione ha subito un’accelerazione con l’intensificarsi di fenomeni meteorologici estremi, quali mareggiate e trombe d’aria, passate da 11 nel 2012 a 80 nel 2020. Per anni si è creduto che la causa dell’erosione costiera dipendesse, anche, dalle dighe e dalle briglie poste nell’entroterra, che non permettevano ai sedimenti di arrivare a mare e, quindi, di partecipare al bilancio sedimentario costiero.

Ma il danno maggiore si è rivelato essere il processo di antropizzazione della fascia costiera e la lottizzazione di lungomare, strade costiere, fasce dunari e spiagge. Processi che hanno tolto resilienza al sistema costiero, che ha perso la sua naturale capacità ad auto-proteggersi, mandando in erosione le spiagge. Le spiagge e le dune, rappresentano il confine dinamico tra terra e mare e sono uno degli elementi geomorfologici più dinamici esistenti. Ma la politica di contrasto all’erosione costiera è sempre stata univoca: mantenere la linea con opere rigide e resistenti. Alla naturale resilienza degli arenili è stata opposta una rigida resistenza declinata con opere rigide che vanno dalle massicciate, alle barriere frangiflutti, ai pennelli e ad altre strutture che variano nella forma, ma non nella sostanza dell’effetto.

Il rapporto parla di circa 1.300 km di opere rigide che ingabbiano le nostre spiagge, a cui si aggiungono l’ulteriore artificializzazione prodotta dai 600 km di opere portuali. Di fatto, più di 1/4 dei circa 7.500 km di coste italiane hanno perso la propria naturalità. Si arriva, così, alle 120 barriere su 12 km di Pellestrina (VE) o alle 200 strutture su 20 km da Margherita di Savoia a Manfredonia in Puglia, una media di 10 opere al chilometro.

Le opere rigide di contrasto all’erosione hanno talvolta difeso temporaneamente la costa immediatamente retrostante, degradandone comunque la qualità ambientale e paesaggistica, ma hanno sempre innescato processi di erosione sottoflutto attivando una classica reazione di causa ed effetto in cui il processo erosivo e la sua protezione si inseguivano senza soluzione di continuità.

Un ambiente dinamico non può essere bloccato da un intervento rigido e resistente, ma deve essere riparato, gestendolo continuamente, assecondandone la dinamica e mantenendone la resilienza: la resistenza porta alla fragilità, mentre la resilienza resiste allo shock. L’unica soluzione resiliente di contrasto all’erosione costiera è la ricostruzione delle spiagge, secondo un’estensione e una forma che riesca ad opporre un contrasto naturale all’azione di onde e, soprattutto, delle correnti litoranee di fondo che sono la causa prima della migrazione delle sabbie.

Interventi di questo tipo sono noti come ripascimenti artificiali, sono definiti morbidi e si basano sul delicato equilibrio che regola qualsiasi arenile naturale. Si crea un nuovo arenile con sedimenti compatibili per granulometria, colore e composizione e li si monitora intervenendo continuamente con piccoli aggiustamenti che ne consentono il mantenimento con costi più contenuti di quelli richiesti dalle difese rigide e, soprattutto, secondo una logica che anteponga la conoscenza e il monitoraggio costante alla somma urgenza ed all’emergenza.

Si consideri, infatti, che tra il 1998 ed il 2015, il 90% dei 4,5 miliardi di euro che l’Italia ha speso per la protezione delle coste e il dissesto idrogeologico sono riconducibili a spese per interventi emergenziali. Secondo le stime di Co-ReMaspiagge  il nostro Paese spende circa 100 milioni di euro all’anno per opere di difesa costiera, con interventi finanziati dallo Stato e, in parte, da Regioni e Comuni. Di questi interventi almeno l’80% è destinato alla realizzazione di opere rigide come pennelli e barriere frangiflutti.

I dati parlano chiaro. In Liguria nel 2020 sono stati stanziati 6 milioni di euro per 9 interventi di difesa della costa, di contrasto all’erosione e di incremento della resilienza in 7 Comuni.

Una delle Regioni che più ha investito nella realizzazione di barriere rigide a protezione della costa dai processi di erosione è l’Abruzzo, dove hanno interessato circa il 70% della costa. Si stima che negli ultimi 15 anni per questo tipo di opere siano stati spesi tra 100 e 150 milioni di euro in questa Regione. Dalle analisi effettuate viene calcolato che circa il 21% dell’intero litorale risulta in arretramento, il 25% è sostanzialmente stabile, e circa il 54% è in avanzamento. Il sistema regionale delle opere di difesa, barriere longitudinali e trasversali, emerse e sommerse conta 647 elementi censiti, di questi 538 sono barriere longitudinali mentre 109 sono opere trasversali.

In Veneto dal 2014 al 2018 sono stati investiti dalla Regione 60 milioni di euro per la difesa delle coste con opere strutturali. Nel 2019 la giunta regionale ha previsto 25 milioni di euro per fare fronte all’erosione di tutto il litorale veneto da Venezia a Rovigo, suddivisi tra ripascimento meccanico delle spiagge e opere strutturali, come i pennelli a mare.

In Sicilia, solo nell’area costiera della provincia di Messina, tra le più colpite dall’erosione, il programma di interventi supera i 220 milioni di euro. Nuovi porti turistici, nuove strade lungomare realizzate a pochi metri dalla battigia e poi tanti, tanti progetti di “difesa” con scogliere frangiflutti, cubi di cemento, “pennelli” di massi di cava hanno seppellito le ultime spiagge naturali della provincia di Messina, isole Eolie e Riserve naturali comprese.

In Emilia-Romagna le opere di difesa dal moto ondoso più utilizzate lungo il litorale emiliano-romagnolo sono scogliere parallele emerse (circa 38 km), scogliere radenti (circa 9 km), pennelli in roccia o in pali di legno (circa 8 km), barriere sommerse in sacchi pieni di sabbia e le scogliere a cresta bassa (circa 7 km ciascuna). Nel 2018 è stato approvato un piano triennale con 160 interventi per 19 milioni di euro.

A questi casi, si affiancano, anche numerose buone pratiche per la corretta gestione dei litorali.

Importanti i risultati ottenuti su alcuni tratti di costa in Liguria, tra le regioni, come visto, a maggiore pressione antropica. Ad Ameglia (SP), nel 2014, grazie a interventi per la navigabilità mirati alla foce del fiume Magra, sono stati dragati 100 mila metri cubi di materiale e spostati nella spiaggia limitrofa. Nel 2016 la fascia critica della spiaggia è aumentata di 20-30 metri. Oggi ha persino saturato le secche di difesa che sono diventate inutili. A Bergeggi (SV) la spiaggia delle Sirene è rinata dopo l’intervento di ripascimento del 1992, mentre a Vallecrosia (IM), grazie a finanziamenti ottenuti nel 2004, sono stati utilizzati 300 mila metri cubi di materiale preso dall’alveo del torrente Verbone con l’ottimo risultato di rendere inutili i pennelli e creare una spiaggia di 60-70 metri già nel 2006. Soprattutto, a distanza di 15 anni il mare non arriva sulle strutture riflettenti e quindi non attua l’erosione. Interventi virtuosi sono da segnalare anche a Gallipoli in Puglia e presso il Comune di Posada in provincia di Nuoro.

Approcci integrati di rinaturalizzazione delle sponde e valorizzazione delle preesistenze vegetazionali, guidati da una visione che considera le continue interazioni tra le coste e le aree dell’entroterra, per la difesa delle coste sul lungo termine, nel rispetto delle caratteristiche del territorio. Come è bene che sia.

Alla naturale resilienza degli arenili è stata opposta una rigida resistenza declinata con opere rigide che vanno dalle massicciate, alle barriere frangiflutti, ai pennelli e ad altre strutture che variano nella forma, ma non nella sostanza dell’effetto