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SOCIETÀ
Sviluppo insostenibile e pandemie, la nascita del coronavirus
 

Il virus spaventa il mondo. E la causa siamo noi

 
 
 

I numeri sono impressionanti. + di 2 milioni di contagiati, più di 86.000 vittime ma anche 1.882.074 guariti. Sembra un bollettino di guerra che, secondo ...

 
 

 

mercoledì 14 ottobre 2020

 

 

I numeri sono impressionanti. + di 2 milioni di contagiati, più di 86.000 vittime ma anche 1.882.074 guariti. Sembra un bollettino di guerra che, secondo gli esperti, è destinato a crescere. La pandemia che ha sconvolto il nostro paese e, in una drammatica diffusione a rete tipica della globalizzazione, tutto il mondo e non sembra arrestarsi.

Molti ricercatori si chiedono oggi se esista una qualche relazione fra la diffusione del coronavirus e i nostri modelli di sviluppo economico e sociale. Ma anche se ci sia una connessione fra la diffusione della pandemia e i cambiamenti climatici. In questi mesi, quasi a voler separare una questione dall’altra, i media non hanno più parlato della questione ambientale e del riscaldamento globale, della generazione Greta e delle emissioni climalteranti. Questo per concentrarsi sull’evoluzione del Covid – 19 e sulla quotidiana stima su contagi e decessi. 

La realtà dei fatti dimostra invece che politici ed economisti non sono riusciti a vedere quello che da anni a virologi, scienziati e istituzioni internazionali che si occupano del problema, è evidente. Ovvero che vi è una stretta interconnessione tra il climate change e la diffusione delle malattie infettive. Analisi di merito dimostrano infatti che virus e batteri oggi proliferano anche grazie all’aumento del consumo di risorse limitate, ai cambiamenti della biodiversità e all’insostenibile produzione, trasformazione e distribuzione di beni ed energia. Oltre ovviamente all’incremento della temperatura atmosferica.

Le autorevoli voci che confermano questa correlazione sono molte.

Ci piace ricordarne due.

La rivista medica Lancet nel 2019 ha pubblicato uno studio su questo tema, dal titolo Countdown Report che associa i cambiamenti climatici all’aumentata diffusione delle patologie infettive. Su Lancet si arriva inoltre ad affermare che il cambiamento climatico sarà la più grande minaccia per la salute globale del 21 secolo. Non solo.

L’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE) inoltre ha dimostrato in un altro studio che le epidemie quali SARS e Aviaria ma anche Suina e Zika, si sono propagate in corrispondenza di picchi di temperature di almeno 0,6 – 0,7 gradi sopra la media. Il dato parla da solo. Il surriscaldamento globale ma anche il continuo sfruttamento del suolo, basti pensare all’erosione delle foreste, i grandi polmoni verdi della terra, hanno creato il clima ideale per la diffusione degli agenti patogeni e per quel “salto di specie” che tutti ormai conoscono, portando i virus dagli animali agli esseri umani. Gli esperti del settore si interessano da tempo alla questione e hanno formulato teorie differenti. Differenti ma concordi, tutte, sul fatto che ci sia una stretta relazione fra cambiamento climatico e sviluppo delle pandemie. L’elemento che più preoccupa è però un altro. L’evidenza scientifica di questi giorni infatti, non è una scoperta ne è dovuta all’emergenza in atto. La crisi sanitaria, ma anche quella economica che ne consegue, erano state anticipate.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità lo aveva previsto nel 2003, 17 anni fa. Erano i giorni della cosiddetta influenza aviaria quando proprio l’OMS aveva raccomandato a tutti i paesi del mondo di mettere a punto un Piano Pandemico nazionale in modo da farsi trovare preparati in caso di nuove epidemie.

Nel 2006, anche l’ex vicepresidente USA Al Gore aveva prodotto il documentario “Una scomoda verità”. In questo trailer, 15 anni fa, il mondo veniva avvertito sulle conseguenze che l’umanità avrebbe patito se, nelle politiche di sviluppo dei diversi paesi, il cambiamento climatico non fosse stato adeguatamente considerato. Anche Bill Gates ha fatto più volte sentire la sua voce.

La portata della minaccia era tangibile e inquietante. Inquietante è stata però anche la risposta che gli Stati hanno saputo dare in questi anni in cui del riscaldamento globale, e della più generale questione climatica, si è molto parlato senza però quel cambio di passo necessario a invertire la rotta. Qualche miglioramento c’è stato in punti percentuale ma è a tutti evidente che ancora non basta.

Il mondo intero, forse mai come adesso è chiamato a rivedere quindi le sue politiche e strategie di sviluppo. L’ultima chiamata tante volte paventata ma mai presa in seria considerazione è ora arrivata. Tutti sono chiamati a fare la loro parte perché Covid-19 ha posto dei temi chiave di cui tener conto in un futuro che purtroppo è già qui.