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AMBIENTE E ENERGIA
L’Italia alla prova del Recovery Fund
 

I Fondi Europei stanziano all’Italia ingenti risorse economiche. Saremo in grado di fare della crisi un’occasione di rilancio sostenibile?

 
 
 

6,4 miliardi per l’economia circolare, 18,5 per la transizione energetica e la mobilità, 40,1 per l’efficienza e la riqualificazione degli edifici e 9,4 miliardi per ...

 
 

 

venerdì 15 gennaio 2021

 

 

6,4 miliardi per l’economia circolare, 18,5 per la transizione energetica e la mobilità, 40,1 per l’efficienza e la riqualificazione degli edifici e 9,4 miliardi per la valorizzazione del territorio e della risorsa idrica. Sono questi gli stanziamenti previsti dal Piano nazionale per la ripresa e la resilienza presentato alla Camera il 1 Dicembre 2020.

Il nostro Paese accelera sul percorso della transizione green della nostra economia. Così come richiesto dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il 37% dei 210 miliardi complessivi che sono previsti per l’Italia dal Recovery Fund devono infatti essere impiegati in progetti per la lotta al cambiamento climatico e la transizione energetica. La posizione della Commissione è chiara e dimostra come il focus delle politiche europee dei prossimi anni sia la decarbonizzazione e la lotta al cambiamento climatico.

Tradotto, significa che in Italia 74,3 miliardi saranno investiti per la rivoluzione verde. Le cifre forniscono un’idea della portata delle risorse economiche che saranno disponibili per consentire al Paese di avviarsi verso la neutralità climatica e riprendere la crescita economica. In quest’ottica il Governo italiano è chiamato a riscrivere il Piano energia e clima per adeguare gli obiettivi al nuovo target del 55% di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2030.

I Fondi europei, oggi più che in passato, rappresentano quindi una concreta opportunità per rilanciare l’economia italiana, attraverso obiettivi e risorse che sono mancati dopo la crisi del 2008, e per disegnare un percorso virtuoso di crescita, nell’ottica di un’economia finalmente sostenibile. Il Piano dettagliato di investimenti dell’Italia, nell’ambito di Next Generation EU, deve essere presentato all’Europa entro il prossimo mese di Aprile.

L’attuazione di un piano tanto ambizioso non è però, purtroppo, esente da sfide, problematiche e per quanto ci riguarda, criticità e ritardi. Il nostro Paese ha da sempre un rapporto con i Fondi Europei problematico e può vantare un ingente quantitativo di risorse non utilizzate. Oltre a un paradosso.

L’Italia, dopo la Polonia, è infatti il secondo Paese in Europa ad aver ricevuto dal 2014 più risorse, 75 miliardi, ma secondo la Corte dei Conti europea è anche l’ultimo per capacità di assorbimento degli stessi Fondi, con il 38%. Peggio di noi solo la Croazia col 36%.

Ricerche di merito hanno evidenziato come la causa può essere attribuita all’iter procedurale europeo, non certo agevole. Secondo Opencoesione, la piattaforma che mostra l’andamento dei progetti europei, la gran parte della responsabilità vanno però individuate nella burocrazia italiana e nelle Regioni, spesso destinatarie dirette dei finanziamenti europei, ma non in possesso delle adeguate capacità tecniche e delle strutture necessarie per gestire i bandi comunitari.

L’Ufficio valutazione di impatto del Senato,  ha inoltre riscontrato come nel Mezzogiorno fra il 2014 e il 2016, si sia verificato l’85% delle frodi su fondi strutturali della Ue. Il risultato è che secondo Pagella Politica, la Sicilia a esempio, che dispone di ben 4,5 miliardi di euro sul Fondo europeo di sviluppo regionale, nel 2017, aveva un livello di spesa ancora pari a zero.

Rispetto ai dati riportati nella Relazione annuale della Corte dei Conti europea oggi la spesa è salita al 40% per effetto della riprogrammazione attuata dal Ministero per la Coesione Territoriale, che ha sfruttato a pieno la flessibilità introdotta dalla Presidente Von Der Leyen con il Coronavirus response initiative investmen che ha aiutato le comunità nazionali a contrastare l’impatto negativo causato della pandemia.

I numeri non sono quindi incoraggianti ma l’Italia si prepara ora ad affrontare una sfida complessa. Fino al 2023 dovrà infatti gestire risorse europee appartenenti a tre differenti regimi di spesa: il bilancio 2014-2020, i miliardi di Next Generation Eu e il bilancio dei prossimi sette anni, 2021-2027.

Il nostro Paese mette la freccia sul percorso della transizione green della nostra economia