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AMBIENTE E ENERGIA
Le “lacrime di sirena”: miliardi di granuli in plastica invadono le coste catalane
 

Il complesso petrolchimico di Tarragona danneggia l'ecosistema marino

 
 
 

I gruppi di surfisti che frequentano le spiagge di Tarragona, antica città della Catalogna dove ha sede il più grande complesso petrolchimico del sud dell’Europa, ...

 
 

 

lunedì 21 febbraio 2022

 

 

I gruppi di surfisti che frequentano le spiagge di Tarragona, antica città della Catalogna dove ha sede il più grande complesso petrolchimico del sud dell’Europa, si imbattono facilmente nelle “lacrime di sirena”, delle minuscole biglie di plastica composte da sostanze tossiche.

Jordi Oliva, ingegnere e surfista di 29 anni, cofondatore dell’associazione ambientalista Good Karma Projects, ricorda come “da bambino giocavo con questi piccoli pezzi di plastica, pensavo che fossero un elemento della sabbia”.

Si tratta di una forma di inquinamento molto diffusa e poco conosciuta. Queste microsfere di meno di 5 millimetri di diametro, assomiglianti a delle lenticchie, non sono residui di plastica derivanti dalla degradazione di bottiglie o altri oggetti di uso comune.

Si tratta invece di granuli industriali che vengono utilizzati come base per la produzione della quasi totalità degli articoli in plastica.

“Questa volta gli industriali non possono scaricare la colpa sui consumatori”, commenta Xavi Curto, dell’ONG Surfrider, che sostiene l’azione di Good Karma Projects mediante la sua attività internazionale di difesa dell’ecosistema marino.

Le piccole sfere sono presenti ovunque sulle coste mediterranee; a livello mondiale si stima che più di 250000 tonnellate di questo materiale vengano riversate ogni anno in mare.

La spiaggia La Pineda, stazione balneare vicino Tarragona, è diventata un simbolo internazionale di questa forma di inquinamento, ma tutte le coste limitrofe ne sono colpite.

L’immenso complesso petrolchimico di Tarragona arriva a produrre 2 milioni di tonnellate di piccole biglie di plastica ogni anno, circa il 60% della produzione nazionale.

La lotta di Jordi Oliva e Xavi Curto, così come quella di tanti giovani volontari catalani, mira a mettere gli industriali davanti alle loro responsabilità, al fine di fermare il disastro ambientale in corso.

Il fine ultimo dell’impegno degli ambientalisti non è quello di far vietare la produzione dei minuscoli materiali di plastica, ad oggi indispensabili per l’industria, ma che ci si adoperi per l’utilizzo di buone pratiche che minimizzino durante tutta la filiera della produzione e del trasporto delle piccole sfere la loro dispersione nell’ambiente.

Ciò per restituire l’antico splendore alle coste catalane e salvaguardare anche la biodiversità, impoverita da una catena alimentare contaminata e compromessa.

Il fine ultimo dell’impegno degli ambientalisti non è quello di far vietare la produzione dei minuscoli materiali di plastica, ad oggi indispensabili per l’industria, ma che ci si adoperi per l’utilizzo di buone pratiche che minimizzino durante tutta la filiera della produzione e del trasporto delle piccole sfere la loro dispersione nell’ambiente.