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AMBIENTE E ENERGIA
La tutela della biodiversità ci salverà dalle pandemie
 

Quanto un Pianeta malato incide sulle malattie dell’uomo

 
 
 

Nuovi virus, deforestazione, perdita della biodiversità. Per capire meglio questa correlazione, abbiamo chiesto a Lorenzo Ciccarese, Responsabile dell’Area Conservazione biodiversità terrestre ISPRA e rappresentante italiano ...

 
 

 

lunedì 15 marzo 2021

 

 

Nuovi virus, deforestazione, perdita della biodiversità. Per capire meglio questa correlazione, abbiamo chiesto a Lorenzo Ciccarese, Responsabile dell’Area Conservazione biodiversità terrestre ISPRA e rappresentante italiano IPBES, in che modo la tutela della salute non può prescindere dalla conservazione delle specie e quali strategie possono arginare il problema.Natura e biodiversità hanno un ruolo cruciale nella regolazione delle malattie infettive. Una sana biodiversità naturale e un ecosistema in buono stato di salute limitano l’esposizione e l’impatto di agenti patogeni, zoonosi incluse, attraverso un effetto diluente o tampone, capace di ridurre la propagazione di agenti patogeni alle persone, direttamente o attraverso un ospite intermedio. Al contrario, in una biodiversità sottoposta a pressioni che ne riducono lo stato di salute, il ‘servizio di controllo e regolazione’ delle malattie è compromesso, al punto da favorire uno sviluppo di epidemie o peggio pandemie.” Racconta Lorenzo Ciccarese, che sottolinea come il legame tra salute umana e perdita dell’integrità biologica del Pianeta, sia collegato anche alla diffusione delle specie esotiche e di patogeni ad opera dell’uomo. Un esempio tangibile sono le epidemie come la febbre gialla, la malaria che hanno superato le barriere biogeografiche attraverso i movimenti dell’uomo e di merci. Distruzione, frammentazione e degradazione delle foreste o di altri habitat avvicinano le persone alla fauna selvatica, aumentando il rischio di trasmissione di malattie zoonotiche che trovano dimora in molti animali selvatici. I primati come scimpanzé, gorilla e altri, sono importanti ‘ospiti serbatoio’ di malattie, per la fisiologica vicinanza con il nostro genere e per la capacità ecologica di reagire ai disturbi dell’habitat. Diversi studi nell’Uganda occidentale, in Indonesia e Brasile mostrano che i disturbi alle foreste possono influenzare la dinamica delle malattie infettive su popolazioni locali o addetti a lavori in foreste. L’occupazione umana degli spazi sottratti ai primati e ai vertebrati influenza fortemente i tassi di infezione tra le specie. La propagazione di virus come Ebola, HIV è legata alla trasformazione degli habitat e alla maggiore interazione dell’uomo con la vita selvatica o al contatto tra animali domestici e animali selvatici” spiega il responsabile ISPRA, con cui abbiamo discusso anche delle possibili soluzioni. “ Le politiche sanitarie fanno ancora affidamento sui tentativi di contenere e controllare le malattie una volta manifestatesi. Siamo nell’epoca di vaccini e cure terapeutiche, percorsi lento e incerti, che comportano una diffusa sofferenza umana e ingenti danni all’economia. Per evitare questo occorre puntare sulla prevenzione. L’IPBES, massima autorità scientifica in tema di natura, in un rapporto del 2020, One health, indica quali azioni concrete dovrebbero seguire i governi nazionali per prepararsi a fronteggiare eventuali pandemie, migliorare i programmi di prevenzione e controllo delle epidemie, in tutti i settori. In particolare è richiesto:

  • Calcolo di rischio legato all’utilizzo del suolo, alla perdita della biodiversità e l’insorgenza di pandemie
  • Una riforma degli aiuti finanziari affinché il costo economico delle pandemie sia preso in considerazione nei processi di produzione e consumo, favorendo le trasformazioni necessarie per modificarne i modelli. Per esempio, includendo tasse o fiscalità sul consumo di carne, produzione di bestiame e altre forme di attività ad alto rischio pandemico
  • L’osteggiamento del commercio internazionale di specie selvatiche per limitare i rischi di malattie zoonotiche, per esempio attraverso la riduzione o l’eliminazione delle specie ad alto rischio di malattia nel commercio della fauna selvatica
  • Una più rigorosa applicazione della convenzione ONU sul commercio illegale della fauna selvatica

Tra le soluzioni mondali messe in campo di recente, il responsabile ISPRA menziona quelle proposte dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la Biodiversità, che si appresta ad approvare un trattato mondiale per affrontare il drammatico declino della diversità sul Pianeta. Questo può realizzarsi, secondo la convenzione ONU, “estendendo almeno al 30% la quota di mari, terre e oceani a zone protette e introducendo obiettivi adeguati per rendere innocui quei fattori che agiscono contro la natura. Non solo quelli diretti, come la distruzione degli habitat, il prelievo eccessivo di risorse biologiche, soprattutto a causa della pesca, l’inquinamento ambientale, i cambiamenti climatici e le specie aliene invasive. Ma anche quelli indiretti come i modelli socio-economici di produzione, trasformazione, commercio e consumo, le dinamiche demografiche, l’innovazione tecnologica a favore di una produzione di energia più pulita e sostenibile. Infine, occorre agire sui fattori sociali come la cultura e il governo, driver di valori e quadri decisionali che condizionano i nostri comportamenti e le nostre scelte”.

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Diversi studi nell’Uganda occidentale, in Indonesia e Brasile mostrano che i disturbi alle foreste possono influenzare la dinamica delle malattie infettive su popolazioni locali o addetti a lavori in foreste.