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AMBIENTE E ENERGIA
L’incidente nucleare di Fukushima oggi fa meno paura
 

Procede in sicurezza la decommissioning della centrale

 
 
 

La radioattività nell’oceano sud coreano, dopo il rilascio dell’acqua contaminata utilizzata a suo tempo per raffreddare i reattori della centrale di Fukushima, è stimata in ...

 
 

 

lunedì 6 marzo 2023

 

 

La radioattività nell’oceano sud coreano, dopo il rilascio dell’acqua contaminata utilizzata a suo tempo per raffreddare i reattori della centrale di Fukushima, è stimata in aumento di 0,001 becquerel per metro cubo d’acqua, nell’arco di 10 anni. L’incremento, ininfluente e difficile anche da rilevare, sarà di un centomillesimo rispetto al livello di radioattività da trizio attuale e pari a circa 172 becquerel per metro cubo d’acqua.

Il nucleare civile torna quindi a far parlare di sé ma, questa volta, con un dato positivo che dopo anni di timori a seguito dell’incidente alla centrale di Fukushima, ridimensiona il rischio idrogeologico dell’intera area marina intorno a Seul. Sono questi i risultati dello studio del Korea Institute of Ocean Science and Technology e del Korea Atomic Energy Research Institute.

È l’11 marzo 2011 quando il nord-est del Giappone viene colpito da un terremoto di magnitudo 8,9 con epicentro nel Pacifico, a circa 500 chilometri da Tokyo, causato da un sollevamento del fondale marino. La conseguenza è uno tsunami e onde alte circa 10 metri che sono penetrate fino a parecchi chilometri nell’entroterra nella prefettura di Fukushima, e che hanno danneggiato quattro dei sei reattori della centrale nucleare con conseguenze prevedibili.

Come a Three Mile Island in Pennsylvania, nel 1979, e a Chernobyl in Ucraina, nel 1986, l’uomo non è esente da colpe. A Fukushima, nello specifico, la scelta di costruire una centrale nucleare in una zona costiera soggetta a maremoti, per di più senza adeguate protezioni, da parte della Tepco (Tokyo Electric Power Company) proprietaria dell’impianto, si è rivelata secondo tutti i maggiori esperti del settore a livello internazionale, non in linea con gli standard di sicurezza previsti.

L’incidente, dopo quasi 30 anni da quello del reattore numero 4 in Ucraina, ha avuto grande eco e risvegliato le paure e i dubbi sull’utilizzo dell’atomo per la produzione di energia elettrica a scopi civili. Timori che in parte ora, almeno quelli legati alla salvaguardia degli ecosistemi marini, sono riaffiorati a seguito della decisione del governo giapponese di rilasciare nell’oceano oltre 1 milione di tonnellate di acqua contaminata.

Operazione delicata, ma necessaria, per proseguire nel percorso di decommissioning della centrale di Fukushima che spaventa però molti paesi confinanti e ha sollevato le voci di protesta di molte associazioni ambientaliste, come Greenpeace. La notizia a dire il vero però non è nuova.

Già nel 2021 infatti il governo nipponico aveva annunciato lo sversamento dell’acqua e precisato che quest’ultimo avrebbe fatto seguito a un, ben definito, processo di trattamento del liquido radioattivo denominato, Advanced Liquid Processing System (Alps) finalizzato a eliminare tutti i 62 radionuclidi e il carbonio-14 presenti nei 1,27 milioni di tonnellate di acqua contaminata.

Il percorso di depurazione non prevede, secondo le autorità, l’eliminazione del trizio, un elemento troppo piccolo per essere “catturato” dall’Alps. Per ridurre la concentrazione di quest’ultimo la Tepco, prevede di diluire l’acqua (de) contaminata con acqua di mare e di farle attraversare un condotto sottomarino lungo 1 km per finire in mare, ma lontano dalle coste terrestri interessate.

Il Governo ha assicurato che prenderà tutte le misure necessarie affinché le cose avvengano in sicurezza in modo da non pregiudicare la salvaguardia ambientale, e idrogeologica, ma anche quella economica, legata alle attività, come la pesca in mare, dei Paesi dell’area.

Il Governo giapponese ha deciso di rilasciare nell’oceano oltre 1 milione di tonnellate di acqua contaminata che raffreddarono i reattori della centrale, previa depurazione