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AMBIENTE E ENERGIA
Iki, l’isola che vuole tornare paradiso
 

Il Giappone che reagisce alla crisi ambientale

 
 
 

Il padrone del ristorante “Ajioshi”, noto punto di ristorazione dell’isola di Iki in Giappone, è preoccupato perché da tempo scarseggiano i famosi ricci di mare ...

 
 

 

lunedì 23 agosto 2021

 

 

Il padrone del ristorante “Ajioshi”, noto punto di ristorazione dell’isola di Iki in Giappone, è preoccupato perché da tempo scarseggiano i famosi ricci di mare del luogo, che lui serviva sopra una palla di riso bagnata da un brodo tradizionale e condita anche da wasabi e salsa di soia.

Infatti le alghe di cui i ricci di mare si nutrono stanno sparendo a causa del riscaldamento dell’acqua e dei cambiamenti delle correnti marine.

Anche altre prelibatezze del mare di Iki sono in pericolo di estinzione, come molteplici specie di molluschi acquatici: questi sono solo alcuni dei segnali che testimoniano il dilagare degli effetti nefasti dei cambiamenti climatici sulla zona.

Già nel 2019 il Sindaco Hirokazu Shirakawa ha dichiarato l’emergenza climatica su tutta l’isola, affermando che “l’impatto del cambiamento climatico si manifesta in maniera sempre più evidente e rappresenta una minaccia per la vita dei cittadini”.

L’isola ha subito degli smottamenti di terreni nel 2020, in seguito ai violenti tifoni che la hanno attraversata; negli anni precedenti vi erano state delle precipitazioni intense, alternatesi con periodi di siccità.

Dunque sono minacciate tutte le attività di questo piccolo territorio di 26000 anime, che prima della pandemia da Covid – 19 accoglieva ben 230000 turisti l’anno, i quali approfittavano della splendida alternanza naturale tra spiagge di sabbia chiara e insenature rocciose e fotografavano la famosa “roccia della scimmia”, suggestiva scultura naturale opera del vento e dei flutti.

Nel porto di Katsumoto, nel nord dell’isola, si contano al massimo un centinaio di pescatori, quando negli anni 70 erano almeno 500: del resto, afferma Toru Okubo, responsabile del mercato del pesce, che “la redditizia pesca del tonno è finita… oggi prendiamo dei pesci che in passato si trovavano molto più a sud, a testimonianza di una anomala tropicalizzazione del nostro mare”.

Nell’entroterra, gli agricoltori sono spaventati dall’abbassamento della qualità del riso, dovuto alla poca differenza di temperatura tra il giorno e la notte, altro fenomeno recente; inoltre molte specie di insetti stanno sparendo e gli uccelli sono rapidamente diminuiti di un terzo.

E pensare che in passato l’isola, grazie alle correnti marine che addolcivano gli inverni e rinfrescavano le estati, è stata a lungo estranea a catastrofi climatiche e ambientali, al punto da essere soprannominata “l’isola fortunata” poiché si riteneva avesse una forte protezione divina.

Una struttura municipale dedicata alla prevenzione del riscaldamento climatico sta sensibilizzando i cittadini al fine di portarli ad avere uno stile di vita sostenibile; sul piano energetico l’isola lavora alla produzione di idrogeno di origine rinnovabile, oltre a investire molto nell’eolico e nel fotovoltaico.

Si sta anche tentando di cambiare modo di fare agricoltura, riducendo drasticamente i pesticidi senza intaccare la produttività e i numerosi posti di lavoro che il settore fornisce.

In un Giappone complessivamente colpito dalla crisi ambientale ma anche desideroso di rilanciarsi in chiave green, la piccola “isola fortunata” sta cercando di tornare a meritare la protezione divina che un tempo alimentava il suo fascino.

Sul piano energetico l’isola lavora alla produzione di idrogeno di origine rinnovabile, oltre a investire molto nell’eolico e nel fotovoltaico