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AMBIENTE E ENERGIA
Crisi climatica, ogni 40 giorni muore un idioma
 

Globalizzazione e flussi migratori alla base del fenomeno

 
 
 

Ogni 40 giorni muore un idioma e la crisi climatica ne accelera il processo, sostengono i linguisti. Se non si interviene si stima che circa ...

 
 

 

lunedì 23 gennaio 2023

 

 

Ogni 40 giorni muore un idioma e la crisi climatica ne accelera il processo, sostengono i linguisti. Se non si interviene si stima che circa metà delle 7000 lingue attualmente in uso si estinguerà entro la fine del secolo.

Le lingue minori hanno sempre avuto vita dura, basta pensare che già negli anni ’20 metà delle lingue indigene in Australia, Stati Uniti, Sud Africa e Argentina erano in via di estinzione. Oggi fenomeni come la globalizzazione e i flussi migratori portano le popolazioni a stanziarsi in nuovi territori con la conseguente perdita della lingua di origine.

Vanuatu, una nazione insulare del Pacifico meridionale che misura 12.189 km quadrati (4.706 miglia quadrate), ha 110 lingue, una per ogni 111 km quadrati, la più alta densità di lingue del Pianeta ed è anche uno dei paesi maggiormente colpito dai danni causati dall’innalzamento del livello delle acque marine. Ondate di caldo, siccità e inondazioni hanno già esposto milioni di persone alla fame e alla sete, costringendole ad abbandonare loro case. Nel 2021 ci sono stati 23,7 milioni di sfollati, rispetto ai 18,8 milioni del 2018.

Negli ultimi 10 anni, l’Asia e il Pacifico sono stati i paesi più colpiti dalle migrazioni, in particolare, la zona del Pacifico registra i risultati più alti rispetto alle dimensione della popolazione. Eppure, è proprio qui che hanno prosperato molte lingue indigene. Una su cinque delle lingue del mondo proviene dal Pacifico, secondo la commissione linguistica Māori della Nuova Zelanda. “Il Pacifico, comprese le Filippine, l’India e l’Indonesia, ha una grande diversità linguistica e alcune lingue hanno solo poche centinaia di parlanti”, afferma Anouschka Foltz, professore associato di linguistica inglese presso l’Università di Graz, in Austria.

La mappa delle 577 lingue del mondo in pericolo di estinzione mostra come il fenomeno sia marcato soprattutto nell’Africa equatoriale e nella regione del Pacifico e dell’Oceano Indiano.

Per tentare di arginare il problema, le Nazioni Unite hanno indetto il Decennio internazionale delle lingue indigene. Preservare le lingue delle comunità indigene è “non solo importante per loro ma per tutta l’umanità”, ha affermato il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Csaba Kőrösi, esortando i paesi a consentire l’accesso all’istruzione delle lingue indigene.

“Con ogni lingua indigena che si estingue, sparisce un modo di pensare, una cultura con la tradizione e la conoscenza che ha in sé”, ha detto Kőrösi, facendo eco ai sentimenti di Ken Hale, il defunto linguista e attivista statunitense, che ha paragonato la perdita di qualsiasi lingua “a un bomba sganciata sul Louvre”.

Il dottor Gregory Anderson, direttore del Living Tongues Institute for Endangered Languages, un’organizzazione dell’Università del Sud Africa che documenta e registra le lingue a rischio di estinzione, afferma: “Ci stiamo dirigendo una catastrofe linguistica e culturale”.

Si stima che circa metà delle 7000 lingue attualmente in uso si estinguerà entro la fine del secolo.