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INTERVISTA
Ruggero Rollini, green influencer e divulgatore scientifico
 

Aiutare l'ambiente abbracciando la complessità della scienza

 
 
 

Laureato in chimica, divulgatore scientifico, green influencer e ora anche scrittore. Come nasce la tua passione per l’ambiente e i problemi legati al cambiamento climatico? ...

 
 

 

venerdì 3 febbraio 2023

 

 

Laureato in chimica, divulgatore scientifico, green influencer e ora anche scrittore. Come nasce la tua passione per l’ambiente e i problemi legati al cambiamento climatico?

Diciamo che c’è stata una combinazione fortunata. Stavo seguendo un corso universitario di chimica ambientale nel momento di massima risonanza del movimento Fridays For Future. Da un lato sentivo una fortissima attenzione al tema e una grossa sensibilità nei confronti delle questioni ambientali e della crisi climatica, mentre dall’altro stavo costruendo gli strumenti per riuscire a padroneggiare dignitosamente la complessità di questi argomenti. Ero stufo di sentire le piazze criticate per le loro giustissime rivendicazioni. Si diceva che sotto allo slogan non ci fosse niente. C’era l’interesse, stavo maturando le competenze e non potevo non aggiungere la mia voce al coro, perché il tempo stringe e serve che tutti gli occhi siano puntati sulla crisi climatica.

I movimenti ambientalisti, a livello globale, sembrano crescere di giorno in giorno. I problemi però legati alla sostenibilità ambientale, a oggi, non sembrano aver trovato soluzioni reali, concrete, in grado di invertire la rotta nei tempi previsti. Come te lo spieghi?

Non me lo spiego. Più che altro perché non sottoscrivo le premesse. Non ho la percezione che i movimenti ambientalisti stiano crescendo. Credo invece ci sia semplicemente una maggiore sensibilità ambientale nei giovani, perché sono stati meglio educati su un tema di cui non sono la causa e di cui, però devono pagare le conseguenze. Anzi, forse rispetto alle prime manifestazioni di piazza che ho vissuto, sto vedendo un leggero calo nella partecipazione. Temo dettato dallo sconforto. Ho invece la percezione che le rivendicazioni si stiano facendo più appariscenti e rumorose, sì. L’esasperazione per il non sentirsi ascoltati porta a questo. Non mi stupisce. La seconda premessa mi trova ancora più in disaccordo. Le soluzioni ci sono. Anzi, realtà scientifiche interazionali (penso ad esempio all’IPCC o alla IEA) hanno previsto diversi possibili scenari e mix energetici per arrivare alla neutralità climatica il prima possibile. Quindi le soluzioni ci sono e sono plurime. Non sono facili e ogni tecnologia ha i suoi pregi e difetti che dobbiamo riuscire a bilanciare per svincolarci quanto prima dai combustibili fossili. Credere (o sperare) che arrivi la soluzione perfetta che ci farà uscire dai guai in cui ci siamo cacciati (mi permetto di dire, in cui gli interessi economici di alcuni ci hanno cacciato) è solo una scusa per non agire e continuare con il business as usual. È quello che facciamo da almeno una quarantina d’anni e direi che non ha funzionato alla grande.

Da esperto del settore, ritieni che il conflitto Russo – Ucraino in Europa, con le conseguenze dal punto di vista energetico, possa essere la molla del cambiamento tanto atteso, o decretare la fine di ogni speranza (di raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi)?

Non mi ritengo un esperto del settore. Però sembra quasi che aver fondato il nostro sistema energetico su risorse non rinnovabili e in mano a pochi Paesi, spesso in situazioni geopolitiche discutibili, non sia stata una mossa furbissima. Chi lo avrebbe mai detto? Sicuramente il conflitto è un bello scossone. Speriamo che sia il motore di un sano cambiamento.

Pensi che il nuovo governo italiano sarà in grado di fare la sua parte, dal punto di vista ambientale, o ci ritroveremo i bla, bla, bla tanto cari a Greta Thunberg.

Spero che il governo italiano sia in grado di fare la sua parte. Con tutte le mie forze. Sarebbe bello se non solo facessimo la nostra parte, ma fossimo capofila nel mondo a investire su fonti pulite e in ricerca su questi settori. È vero che storicamente le battaglie ambientali tendono ad afferire maggiormente a un pensiero che diremmo di sinistra. Ma quella contro la crisi climatica è una battaglia di tutti. Anzi, se riuscissimo davvero a essere dirompenti nella transizione ecologica e nell’innovazione del settore energetico, il ritorno a lungo termine per il nostro Paese sarebbe incredibile. Direi che è decisamente negli interessi del governo.

“C’è chimica in casa” è il tuo primo libro. Ci spieghi la sua genesi e il ruolo che la chimica, e un approccio più scientifico alla quotidianità, potrebbe avere nella lotta al cambiamento climatico?

Il libro nasce per raccontare la chimica che ci circonda. Siamo fatti di chimica, l’aria che respiriamo è chimica, tutto è chimica. Imparare a guardare il mondo con gli occhi del chimico aggiunge un grado di complessità al mondo, ma anche un grado di meraviglia. Purtroppo, siamo un po’ tutti chemofobici, ci spaventa ciò che percepiamo come sintetico mentre sopravalutiamo i pregi e sottostimiamo i rischi di quello che ci sembra naturale. A volte questo ragionamento funziona, ma molto spesso ci porta a gravi errori e a scelte solo apparentemente più ecologiche o salutari. Questo approccio che cerca di guardare oltre agli slogan e ai nostri pregiudizi sarà fondamentale anche nella lotta alla crisi climatica. Non è un caso se la scienza che studia il clima si fonda sulla fisica dei sistemi complessi (e se si chiamano complessi un motivo ci sarà). Questa complessità va abbracciata e uno sguardo scientifico ci aiuta a farlo.

Le soluzioni ci sono e sono plurime. Non sono facili e ogni tecnologia ha i suoi pregi e difetti che dobbiamo riuscire a bilanciare per svincolarci quanto prima dai combustibili fossili