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INTERVISTA
Luca Lagash, artista e bassista dei Marlene Kuntz
 

La sostenibilità da sogno a progetto

 
 
 

“Karma clima” nasce dal desiderio di realizzare un nuovo album attraverso la creazione di alcuni laboratori in residenza con le comunità che hanno contribuito a ...

 
 

 

giovedì 16 giugno 2022

 

 

“Karma clima” nasce dal desiderio di realizzare un nuovo album attraverso la creazione di alcuni laboratori in residenza con le comunità che hanno contribuito a alla definizione di significativi modelli di riqualificazione all’interno del territorio nazionale. Ci spiegate la genesi e la finalità del progetto?

Desideravamo che il nuovo album potesse nascere da dei laboratori in residenza, realizzati grazie al contributo di comunità̀ che hanno creato modelli di riqualificazione architettonica, sociale e di impresa di aree interne nazionali. Karma Clima ha tenuto conto delle origini territoriali della band, la provincia di Cuneo, ed è partito da significative realtà della provincia come la Cooperativa di Comunità Viso A Viso di Ostana, la Borgata Paraloup e il Birrificio Agricolo Baladin di Piozzo. Il nostro obiettivo è la costruzione di un percorso artistico culturale che vada oltre la realizzazione dell’album, e resti vivo grazie alle realtà̀ riqualificate del territorio. In questo modo siamo riusciti a dare vita a un tour sostenibile, caratterizzato da tappe in grado di favorire, prima del concerto, condizioni relazionali di scambio con le comunità̀ e i saperi scientifici entrati in cooperazione con loro. Abbiamo immaginato una sorta di effetto, uguale e contrario, rispetto alla forza negativa imposta dalla pandemia, con la capacità di esprimere il potenziale dei borghi come elemento di richiamo e valorizzazione dei saperi e delle produzioni locali a livello nazionale, e delle capacità di resilienza del tessuto sociale, portando la cooperazione della band e dei soggetti esterni che si avvicinano al contesto locale. In questa sorta di confronto tra tanti interlocutori diversi, il tema dominante è stata l’interpretazione e il modo di affrontare le conseguenze negative imposte dal cambiamento climatico, e l’individuazione di valori decisivi da assumere per contribuire a costruire modelli di sostenibilità, partendo proprio dalle straordinarie esperienze dei tre luoghi che hanno ospitato e organizzato con noi le prime tre residenze.

Ostana, Piozzo e Paraloup le tre residenze artistiche di “Karma clima”, quanto queste esperienze stanno arricchendo voi e il territorio?

La riqualificazione delle aree interne, così come delle centinaia di borghi presenti in Italia, è possibile grazie alle comunità che li abitano o che decidono di ripopolarli. Tutti questi territori, che coprono circa il 60% della penisola italiana, si prestano alla realizzazione di prototipi non solo sostenibili, ma anche alternativi al modello urbano unico, che ha assorbito negli ultimi decenni tutte le risorse energetiche e produttive e ha rilevato diverse criticità, già prima della pandemia. Da molti anni l’urbanistica e l’architettura discutono di questo tema: in tal senso sono stati attuati degli investimenti e realizzate delle esperienze che sono diventate dei case studies internazionali, vedi la riqualificazione di Ostana in Piemonte. Ci è quindi sembrato giusto rispondere all’offerta che questi modelli di riqualificazione propongono, arricchendo le esperienze di contenuti anche attraverso la cooperazione dell’arte e della cultura, ancor meglio accolti se capaci di trainare temi scientifici, sociali e ambientali. Situazioni che ci arricchiscono della capacità di trasformare visioni del futuro in modelli reali, così come queste esperienze hanno dimostrato di saper concretizzare nell’arco di 30 anni di lavoro.

Da Torino a Ostana, una pedalata di 90 chilometri per raggiungere la tappa del vostro concerto. Che risposta ha avuto l’invito ai vostri fan di arrivare al concerto e tornare assieme a voi a Torino, in bicicletta?

Soprattutto mediatica, probabilmente perché nessuno si aspettava che saremmo davvero riusciti ad arrivare sino a Ostana, e ritornare alla Mole la domenica successiva, con le biciclette che Cinelli ci ha affidato. Dunque una risposta che ha registrato una sorta di stupore diffuso e di plauso empatico e sincero. Ora verrebbe da pensare che il gruppo si possa allargare ai tanti che, dopo aver notato la nostra intenzione, potranno affidarsi al nostro passo senza il rischio di essere lasciati per strada, e direi soprattutto al passo decisivo del nostro amico runner Oliviero Alotto che ci ha guidato lungo i percorsi migliori e attraverso una serie di produttori locali, con cui abbiamo condiviso momenti di ristoro affascinanti quanto importanti. Vorrei sottolineare la partecipazione attiva di Chiara Foglietta, Assessora alla Transizione ecologica e digitale della città di Torino, che è partita in bicicletta con noi dalla Mole sino ai confini della città.

“La fuga” è il titolo del vostro ultimo singolo. È evocativo: fuga dal presente? Da un mondo che non potrà più essere quello di un tempo? Dalle logiche che hanno caratterizzato lo sviluppo socio – economico moderno? Fuga da cosa secondo i Marlene Kuntz?

La cosa che più noto dal lancio del nuovo singolo “La Fuga” sono le tante interpretazioni che vengono restituite da chi abbiamo interpellato e desidera darne voce. Questo dato mi sembra importante visto il tipo di approccio che abbiamo seguito nella realizzazione dell’album, mi riferisco ai laboratori di confronto, scambio e interpretazione sui temi legati al cambiamento climatico, ma pur sempre basati su modelli già costruiti e concreti. Dunque se la nostra “La fuga” è un modello chiaro con cui ci presentiamo al pubblico, altrettanto interessante mi pare sia la restituzione di significato e lettura che comincia a tornare indietro. Credo sia ovvio che non parlo di arrangiamenti musicali quanto di interpretazioni al testo che Cristiano ha scritto. E dunque se certamente le immagini citate nella domanda sono condivise da vari pensieri collettivi, è altrettanto vero che ve ne sono di ampiamente diverse, spesso illuminanti quanto audaci. Dato che il testo di Cristiano è evidentemente la cosa più importante e interpretabile del singolo, non essendo lui a rispondere in questo caso, rilancio l’immagine che più trovo adatta nel darne la mia interpretazione, ovvero l’analogia di approccio verso la metodologia con cui abbiamo costruito e stiamo sviluppando il processo Karma Clima.

Il 5 giugno scorso assieme a Elisa, avete inaugurato la 25’edizione del Festival CinemAmbiente. Quanto la musica può diventare un efficace veicolo capace di muovere le coscienze collettive per sognare un futuro migliore?

A mio avviso il punto decisivo è sdoganare l’immagine con cui siamo soliti definire l’arte, la musica e la cultura quando tentano di interpretare il contemporaneo. Siamo spesso definiti sognatori e questo ci relega, da troppo tempo, a una dimensione priva d’impatto verso quelle che sono le possibili buone pratiche, per poter concretamente contribuire a modificare lo stato dell’arte in cui viviamo. Il punto nodale di Karma Clima è proprio questo: esplorare modelli che hanno saputo costruirsi superando la percezione di opera impossibile a cui sono stati accostati per decenni, e capire come ricostruire una dimensione culturale in grado d’impattare concretamente nel passaggio di transizione a cui siamo chiamati a partecipare, dove la visione del futuro e del contemporaneo non sia più definita sogno bensì progetto. L’evento di inaugurazione del 25simo festival CinemAmbiente è stato costruito seguendo precisamente questo orientamento, dando voce ad alcuni protagonisti che da decenni costruiscono questa dimensione progettuale, come Mark Grassi di UNEP, UN Mountain, alcuni dipartimenti dell’Università degli Studi di Torino e i portavoce delle cooperative di comunità con cui stiamo collaborando. In questo scenario non è voluta mancare Elisa, alla quale siamo molto grati per l’empatia riservataci, che si è aggregata ai Marlene irrompendo nella scena di esibizione con una sonorizzazione dal vivo del film Karma Clima, diretto da Lorenzo Letizia, per la precisione film ancora in via di montaggio, con il preciso scopo di enfatizzare il processo dell’arte e non il risultato. E qui vorrei rimarcare il modo straordinario con cui Elisa si sta dedicando ai temi della tutela del patrimonio ambientale, coinvolgendo i suoi asset di produzione verso l’applicazione di politiche favorevoli alla transizione energetica, di cui il festival Heroes all’Arena di Verona è stato il manifesto. Un altro passo decisivo per sdoganare le visioni da sogno a progettualità.

Foto di Michele Piazza

Il nostro obiettivo è la costruzione di un percorso artistico culturale che vada oltre la realizzazione dell’album, e resti vivo grazie alle realtà̀ riqualificate del territorio