INTERVISTA
Massimo Gramellini, scrittore
La prova della bambinitudine, chi la supera evolve, chi la rifiuta rimane com’è!
Massimo Gramellini, in un suo ultimo libro definisce la “bambinitudine” uno stato di grazia che i bambini possiedono in maniera inconsapevole e gli adulti si ...
lunedì 28 dicembre 2020
Massimo Gramellini, in un suo ultimo libro definisce la “bambinitudine” uno stato di grazia che i bambini possiedono in maniera inconsapevole e gli adulti si sforzano di ritrovare per il resto della giornata, una predisposizione dell’anima a vivere ogni volta come se fosse la prima volta. Se ogni adulto riuscisse a riappropriarsene la nostra società potrebbe migliorare?
Ho provato a raccontarlo nel mio nuovo romanzo, ‘C’era una volta adesso‘, il lockdown visto con lo sguardo di un bambino, Mattia, costretto a chiudersi in casa per mesi con un semisconosciuto: suo padre… Il padre si chiama Andrea, ma tutti in famiglia lo chiamano Andrei, al condizionale, per la sua inaffidabilità. Riesce a recuperare il rapporto col figlio proprio grazie alla capacità di meravigliarsi e di emozionarsi di nuovo. Un po’ tutti i personaggi di ‘C’era una volta adesso‘ vengono sottoposti durante il lockdown alla prova della “bambinitudine”. Chi la supera, evolve. Chi la rifiuta, rimane com’è.
Quando è stata l’ultima volta che ha fatto qualcosa per la prima volta?
Potrei dire due anni fa, quando ho contribuito a mettere al mondo un figlio a 58 anni. Oppure sei mesi fa, quando mi sono messo a scrivere un romanzo sull’onda delle emozioni che tutti stavamo vivendo e l’ho finito in cento giorni: una pazzia autentica…
In un libro dedicato a suo figlio, ‘Prima che tu venga al mondo’, lei scrive: ‘Qualcuno ti dirà che la scuola serve solo se riesce a trovarti un lavoro. Non credergli. La scuola serve se riesce a fornirti gli strumenti per gestire un sentimento, smascherare un ciarlatano e ammirare un tramonto…’. In che modo scuola e famiglia potrebbero far arrivare, alle nuove generazioni, questo messaggio?
Credendoci, anzitutto. Invece è passato il principio che la scuola serva solo per trovare un mestiere. Il mio professore di greco diceva: ‘Avrete tempo per imparare il Come di tutte le cose. Adesso siete qui per imparare il Perché.’ Aveva ragione: la scuola, per me, deve assomigliare alla cyclette. Ti fa pedalare da fermo, ma così ti costruisce i muscoli per poi andare forte in bici.
Nel suo ‘Cuori allo specchio’ parla di un’eccessiva attenzione a censurare il male e una scarsa riflessione sul fatto che è ormai abitudine censurare il bene… Perché, secondo lei, un fatto di cronaca nera, una catastrofe fanno più audience di una bella notizia?
Per lo stesso motivo per cui due persone che litigano attirano la nostra attenzione più di due persone che si tengono per mano. La vita procede per conflitti. Perciò è più facile raccontare il male. Che ha anche un altro vantaggio: se io ti parlo di un cattivo, tu ti paragoni a lui e ti senti buono. Mentre se ti parlo di un buono, tu difficilmente ti senti alla sua altezza e la cosa non ti fa piacere.
Curando la rubrica ‘Cuori allo specchio’ si ritrova sommerso di lettere nel momento in cui mette a nudo alcune sue fragilità, come la sofferenza per un papà malato e una mamma mancata tanti anni prima. Non crede che questa società della ‘pseudo perfezione’, in qualche modo, ci porti a nascondere le nostre fragilità per paura di essere additati come imperfetti?
A chi mi scrive ricordo spesso le parole immortali pronunciate da Jung: ‘Il nostro obiettivo nella vita non è diventare perfetti, ma completi.’ E la completezza si raggiunge accumulando esperienze, errori, fallimenti.
La parola dell’intervista è sostenibilità, dal latino ‘sustinere’ tenere sotto, sostenere. In che modo lei è sostenibile?
Oh, risulto spesso così insostenibile anche a me stesso… Quando non mi arrabbio, sono sostenibile. Quando non mi lamento, quando non giudico. E invece, come tanti, passo la maggior parte del tempo a lamentarmi e a giudicare. Attività altamente inquinanti!
Lei di recente è diventato papà, suo figlio come tutte le ultime generazioni si troverà a fare i conti con un mondo estenuato da inquinamento e sfruttamento incontrollato delle risorse. Che ‘suggerimenti sostenibili’ vorrebbe dare a questi ‘adulti del futuro’?
Quelli che ho appena detto: non lamentatevi e non giudicate. Il resto verrà da sé. Chi si lamenta è un rassegnato. Chi cambia davvero il mondo non perde tempo ed energie a chiedersi perché il mondo è tanto cattivo con lui. Se ti lamenti di un’ingiustizia, le dai ancora più potere. Gandhi non si è mai lamentato delle cose che non gli piacevano. Ha lottato per cambiarle. Quello è l’atteggiamento che funziona.
‘Fai bei sogni. Anzi, fateli insieme. Insieme valgono di più…’ in questo momento difficile, faccio riferimento alla pandemia attuale, abbiamo tanto bisogno di fare ‘bei sogni’. Quando tutto sarà finito e i bei sogni si saranno realizzati, che insegnamento ci lascerà quest’esperienza?
Dipende da ciascuno di noi. In ‘C’era una volta adesso‘ racconto di persone che hanno approfittato del lockdown per cambiare se stesse e di altre che non ci sono riuscite. Bisogna sapersi mettere in gioco, essere disposti a cambiare i propri pregiudizi. Siamo nel corso di una rivoluzione, di cui la pandemia e la globalizzazione rappresentano aspetti importanti, ma non centrali. La vera rivoluzione è quella digitale. Non torneremo mai più al mondo di prima. Per cambiarlo, bisogna anzitutto accettarlo. Ricordandosi che, come ci insegna il destino dei dinosauri, a sopravvivere non sono mai i più forti, ma i più bravi nell’adattarsi ai cambiamenti.
La foto di Massimo Gramellini è di Alessandro Albert