Resta
 

< back

INTERVISTA
Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano
 

L'importanza di investire in formazione e ricerca

 
 
 

Qual è il ruolo della CRUI all’interno del sistema universitario e quali sono le novità introdotte dalla sua Presidenza? La CRUI è la Conferenza dei ...

 
 

 

venerdì 4 dicembre 2020

 

 

Qual è il ruolo della CRUI all’interno del sistema universitario e quali sono le novità introdotte dalla sua Presidenza?

La CRUI è la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. È un’associazione che riunisce gli atenei statali e non. Per essere ancora più chiari, possiamo dire che la CRUI è una sorta di laboratorio dove si discutono linee di indirizzo comuni e si mettono in atto buone pratiche, pur nel rispetto dell’autonomia di ogni singola università. La CRUI ha poi una funzione fondamentale che è quella di fare da raccordo tra il sistema accademico e il Ministero. In questo particolare frangente, quello aperto dalla pandemia, il dialogo è stato fondamentale. Direi che è stata proprio l’emergenza sanitaria, con tutto quello che ha significato per gli studenti italiani, la vera “novità” del mio mandato, iniziato a fine febbraio, un paio di giorni prima del caso di Codogno. Novità che si è tradotta da un lato nel coordinamento delle università attraverso le varie fasi del lockdown e della didattica a distanza, dall’altro nel confronto con il Ministero per le iniziative di ristoro e rilancio dell’università.

Lei ha dichiarato che connettività, formazione e progetti bandiera sono i pilastri da cui ripartire in questa fase delicata del Paese: ce li può illustrare?

La connettività è un’infrastruttura chiave. Il Covid ci ha messo con le spalle al muro, ci ha posto di fronte all’evidenza di un Paese che viaggia a due velocità, ancora impreparato sul fronte del digitale. Didattica a distanza e smart working sono entrati nelle nostre abitudini di studio, vita e lavoro e necessitano di strumenti adeguati. Strumenti che dobbiamo implementare a livello sistemico, nazionale, perché sarebbe un errore gettare tutto alle spalle una volta chiusa la parentesi sanitaria. Gran parte delle innovazioni che saranno possibili nei prossimi anni, dopo l’accelerazione che abbiamo subito, passeranno attraverso una infrastruttura digitale come il 5G a un’ampia copertura.

La formazione è la vera scommessa per una ripresa duratura. È la competenza che ci potrà guidare in questo delicato momento. Grazie alla conoscenza, alla ricerca e alla scienza ne usciremo. Un Paese che non investe in formazione e in ricerca, che non punta sul talento, è destinato a venir schiacciato da questa pandemia.

La mia preoccupazione va alla capacità del Paese di progettare il futuro, di sviluppare progetti chiave alla base di una programmazione attenta. Non perdiamoci in logiche di consenso, di distribuzioni a pioggia, non disperdiamo le risorse che arriveranno dall’Europa e che, è bene ricordarlo, stiamo prendendo a prestito dai nostri figli… una grande responsabilità.

L’Accordo tra CRUI e GSE rappresenta una testimonianza di quanto sia strategica la sinergia tra le Istituzioni. Quale contributo potrà fornire al Sistema Paese per favorire la diffusione della cultura della sostenibilità e accelerare la transizione energetica in corso?

Il raccordo tra università e impresa è centrale. Aziende e istituzioni devono diventare partner robusti e stabili per affrontare sfide, come la sostenibilità e la transizione energetica, che non sono più solo quelle della nostra università, ma della nostra città, del nostro territorio, del nostro ecosistema. L’intesa tra CRUI e GSE è finalizzata alla promozione dello sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili e lo sviluppo di progetti di ricerca e di formazione. Preparare le nuove generazioni su questi temi, sviluppare sperimentazioni e iniziative di ricerca congiunte sono l’unica via per raggiungere gli obiettivi europei al 2030. Ci aspetta un momento di forte instabilità economica e sociale, con grandi prove: dai temi della salute a quelli della sostenibilità alimentare, dalle smart cities all’inclusione, dalle questioni ambientali a quelle energetiche. Non solo è fondamentale, ma necessario che università, istituzioni e imprese collaborino.

Ricerca e innovazione rivestono un ruolo fondamentale per il rilancio dell’economia, così fortemente colpita dall’attuale pandemia, in che modo secondo Lei gli investimenti a favore della cultura e della formazione potranno contribuire alla ripresa economica del Paese?

Gli investimenti in ricerca, innovazione e formazione non danno risultati immediati, per questo non piacciono a tante aziende, preoccupate di chiudere il bilancio annuale, e a tanti rappresentanti della politica, in cerca dell’approvazione popolare. Sono convinto, e non lo dico per contratto, che gli investimenti a lungo termine siano gli unici possibili per disegnare il nostro futuro. Vi faccio un esempio: come pensiamo di far fronte ai temi dell’intelligenza artificiale o dei big data, essenziali per il rilancio della manifattura italiana e per lo sviluppo dell’industria 4.0, se abbiamo un numero di dottori di ricerca che è un quinto rispetto alla Germania? Come può il nostro sistema industriale risultare competitivo se non punta sull’alta formazione? Come possiamo non vedere gli altri Paesi che avviano programmi di sistema su tecnologie per lo storage energetico, per le infrastrutture smart, per le tecnologie quantistiche? Come possiamo non mettere al centro i nuovi sistemi di manifattura, le modalità per una mobilità sostenibile e le tecnologie per la transizione energetica ?

L’Università italiana e l’Europa. Connessioni, motivi di orgoglio, problematiche…

Nel confronto, direi che l’università italiana è europea sotto molti punti di vista: nella qualità della ricerca e della didattica, nel numero di pubblicazioni, nella capacità di acquisire fondi dai programmi della Commissione Europea, nei principi di finanziamento e di governance. Dove non è europea? Non lo è nelle dimensioni (troppo piccola), nel numero ridotto di laureati, nel rapporto squilibrato tra studenti e docenti, nel numero di ricercatori, negli investimenti in edilizia. Non è europea nel dato anagrafico, troppo vecchia e poco attrattiva, nel limitato e precario accesso al ruolo universitario, nei salari non competitivi, nella scarsa attenzione alla formazione superiore. Ultimo e non meno importante, non è europea nelle procedure (troppe regole e troppa burocrazia) e nella scarsa apertura internazionale (pochi studenti e soprattutto pochi docenti internazionali).

L’Italia che Paese sarà da grande? L’Università e la ricerca ci porteranno ad una età più adulta e consapevole?

L’Italia è un Paese straordinario, con una cultura, una tradizione, uno stile di vita che il mondo ci invidia. È la seconda economia manifatturiera in Europa, tra i sette stati economicamente più avanzati del pianeta. Posizioni che rischiamo di perdere di fronte a una crisi di portata mondiale e di una recessione in atto da tempo. Abbiamo però una straordinaria occasione, quella di reagire a questa pandemia per crescere. Sono convinto che l’età adulta porterà con sé una maggiore attenzione all’università e ai temi della ricerca. Ora però non possiamo sbagliare. Passiamo dalle proposte al progetto: dobbiamo avere il coraggio di scegliere alcuni, pochi, obiettivi, attuarli e verificarne, giorno per giorno, la realizzazione. Sarebbe grave tra qualche anno voltarsi indietro e chiedersi come abbiamo fatto a perdere una tale occasione.