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INTERVISTA
Giuseppe Di Croce, già Capo del Corpo Forestale dello Stato
 

La lunga e gloriosa storia spezzata dei Forestali

 
 
 

Dottor Di Croce, che ruolo ha avuto il Corpo Forestale dello Stato nel nostro Paese e quali sono stati i suoi più grandi successi? Il ...

 
 

 

venerdì 18 novembre 2022

 

 

Dottor Di Croce, che ruolo ha avuto il Corpo Forestale dello Stato nel nostro Paese e quali sono stati i suoi più grandi successi?

Il Corpo Forestale, come organo istituzionale dello Stato, nasce nel 1822. La sua storia bicentenaria si intreccia completamente con le vicende sociali ed economiche del nostro Paese. I primi decenni del XIX secolo videro in Europa il manifestarsi di un generale interesse per le foreste che rappresentavano e rappresenteranno ancora per molto tempo l’unica risorsa energetica e industriale esistente. Per questa ragione la pressione sui boschi era diventata sempre meno sostenibile fino a diventare critica a causa della povertà imperante e dei dissodamenti per fronteggiare le frequenti carestie come quelle del 1816 e del 1846. Purtroppo dopo il Congresso di Vienna, al disegno geopolitico europeo di garantire un periodo di pace e di prosperità, non corrispose una situazione economica favorevole e la prima vittima di questo malessere rischiava di essere proprio il patrimonio boschivo. L’arduo compito assegnato al Corpo Forestale era quello di garantire la sopravvivenza delle foreste nell’interesse generale del Paese. Questa missione, nonostante il succedersi di ben due guerre mondiali, è stata condotta con successo tanto che oggi possiamo vantare oltre 12 milioni di ettari di bosco equivalenti ad un terzo del territorio nazionale. Si tratta di una risorsa strategica messaci a disposizione dalla natura a titolo gratuito per la difesa del suolo, l’ossigeno, l’acqua, il paesaggio, la fauna e tanti altri servizi materiali e immateriali che fanno dei boschi il bene più prezioso anche per contrastare il dissesto idrogeologico e la crisi climatica in atto posto che l’albero è il più potente e straordinario assorbitore di anidride carbonica. Questo ragguardevole patrimonio boschivo costituisce la più grande biodiversità d’Europa arricchita dalla presenza di ben 24 Parchi Nazionali e da una miriade di Parchi Regionali e Riserve Naturali per oltre 3 milioni di ettari pari al 10% della superficie nazionale. Il raggiungimento di tale obiettivo si deve prevalentemente all’impegno del Corpo Forestale che ha realizzato in tempi non sospetti tutta una serie di aree protette sulle aree demaniali di sua competenza. I Parchi Nazionali sono nati dopo prevalentemente su quelle foreste dove intere generazioni di Forestali si sono cimentate nello studio e nella gestione sostenibile degli ecosistemi naturali svolgendo anche una funzione pedagogica e di educazione ambientale insostituibile. E’ questa la differenza fra un corpo di polizia a valenza generale deputato alla repressione degli illeciti e dei reati e un corpo tecnico che conosce, interpreta e indirizza le dinamiche naturali e le interazioni delle stesse con le attività umane.

Ora che la Forestale non c’è più chi tutela questo prezioso e insostituibile patrimonio naturale?

L’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, dopo duecento anni di storia, a che cosa è dovuto? E quali sono state le conseguenze di questa scelta?

La decisione di accorpare i Forestali ai Carabinieri aventi stato giuridico e ordinamento completamente differenti (civili i primi, militari i secondi), con preparazione professionale e finalità istituzionali completamente diverse, resta incomprensibile se non nella irresponsabilità dei decisori di tale scelta. Mi chiedo ancora quale mente scellerata, favorita da insospettabili connivenze, possa aver concepito e realizzato un disegno tanto perverso quanto improvvido per la protezione e la salvaguardia del nostro ambiente naturale. La motivazione addotta, la riduzione dei costi, non aveva, come risulta ex post, alcun fondamento reale. La ragione vera è semplice quanto inconfessabile. Si tratta di una volgare rivalsa voluta dagli autori della sciagurata modifica del Titolo V° della Costituzione i quali, non soddisfatti dei danni prodotti al sistema istituzionale, avevano tentato anche di distruggere il CFS regionalizzandolo. Un disegno che riuscimmo allora a respingere ma che nel 2017, complici la contiguità del titolare del Dicastero preposto e l’ignavia del Capo pro-tempore del CFS, è stato realizzato in assoluto spregio degli interessi del Paese. Tutto questo in violazione di una eccellente legge di riforma appena approvata che restituiva al CFS la centralità nella difesa degli irripetibili ecosistemi naturali italiani.

Tralascio per brevità tante attività esclusive come il servizio CITES dedicato al contrasto del commercio illegale di specie protette nel quale avevamo sviluppato un know-how di tutto rispetto per passare agli incendi boschivi che rappresentano nel nostro Paese la più grave minaccia per il patrimonio forestale. Abbiamo impiegato anni per affinare un Servizio Antincendi fra i più efficienti e funzionali d’Europa; è bastata una norma scriteriata per vanificare anni di studi e di applicazioni. L’attività antincendi non si improvvisa, richiede conoscenza dei luoghi e altissima professionalità in ragione dei rischi connessi. Ogni incendio ha una sua storia a seconda del tipo di vegetazione, della orografia e della pendenza dei luoghi, della intensità e direzione dei venti, della presenza e praticabilità degli accessi. Oltre alla padronanza delle tecniche di spegnimento è fondamentale perciò la conoscenza del territorio e la tempestività dell’intervento per evitare che ogni fuoco diventi un rogo. Quando ci si affida solo all’intervento aereo la battaglia è già persa. Ecco perché oggi assistiamo ad incendi che durano giorni finanche nei Parchi Nazionali e al carosello dei mezzi aerei che, in assenza del direttore forestale, operano alla cieca e non su obiettivi mirati. Uno sperpero di denaro pubblico a favore prevalentemente di ditte elicotteristi private che hanno tutto l’interesse che ci siano più incendi e più vaste aree bruciate. Altro che risparmio di risorse dal momento che oltre ai danni ambientali diretti gli incendi provocano anche rovinosi dissesti idrogeologici e distruzione di interi paesaggi!

Il paradosso è che il nostro Paese si trova ad essere ora l’unica nazione europea a non avere più un Servizio forestale nazionale e questo proprio nel momento in cui è stato approvato il Testo Unico Forestale che prevede la gestione attiva dei boschi. Ciò presuppone la conoscenza del governo e del trattamento, nonché del taglio e della rinnovazione di ogni singola compagine boschiva. Sono operazioni squisitamente tecniche che decidono la sopravvivenza o meno di ogni bosco e perciò richiedono la competenza degli specialisti capaci di decifrare la sostenibilità o meno degli interventi da effettuare. Senza la supervisione dei Forestali sono in pericolo ora molti boschi che hanno impiegato anni per crescere ma basta poco per distruggerli.

L’Italia ha un patrimonio naturalistico prezioso, vasto e variegato. Come è cambiato rispetto a quando, nel 1963, Lei si laureò in Scienze Forestali a Firenze?

Nel 1963 eravamo in pieno sviluppo economico e il problema della protezione della natura, che è l’assillo dei nostri giorni, non era ancora avvertito pienamente. Il CFS era impegnato in una imponente campagna di sistemazioni idraulico-forestali contro il dissesto idrogeologico consistente nel rimboschimento di milioni di ettari di superfici degradate e nella regimazione di torrenti e fiumi ai fini della regolazione dei deflussi. Chi frequenta la montagna può osservare oggi boschi rigogliosi e torrenti geologicamente rinsaldati grazie agli interventi di allora. Dopo il 1972, con il passaggio di queste competenze alle Regioni, la manutenzione del territorio è diventata solo episodica con la conseguenza delle ricorrenti alluvioni e dissesti cui assistiamo impotenti. Per fortuna, grazie all’abbandono di molti territori un tempo coltivati, il bosco si è espanso naturalmente e dai 4 milioni di ettari sopravvissuti all’ultima guerra, in aggiunta agli altrettanti ettari rimboschiti dal CFS, oggi possediamo oltre 12 milioni di ettari di boschi.

Per finire, ci può indicare un sito naturale, tra i tanti, da visitare nella Sua Regione, l’Abruzzo?

L’Abruzzo è un scrigno di natura protetta con tre Parchi Nazionali (P. N. d’Abruzzo, Lazio e Molise, P. N. della Maiella, P. N. del Gran Sasso, Monti della Laga), un Parco Regionale (P. R. Sirente, Velino) e 27 Riserve Naturali

Sono tutte aree di rara bellezza naturalistica e storico-archeologico che racchiudono una straordinaria biodiversità che le rendono spesso ambiti privilegiati ed esclusivi. A poco più di un’ora da Roma si possono trovare relitti ed endemismi floristici di grande valore bioecologico e animali come l’Orso e il Lupo oltre al Camoscio, al Cervo e al Capriolo. Animali che in qualche momento della nostra vita hanno acceso la nostra fantasia e che meritano certamente più di una visita.

La decisione di accorpare i Forestali ai Carabinieri aventi stato giuridico e ordinamento completamente differenti (civili i primi, militari i secondi), con preparazione professionale e finalità istituzionali completamente diverse, resta incomprensibile se non nella irresponsabilità dei decisori di tale scelta.