< back

INTERVISTA
Fabrizio Maronta, redattore e responsabile relazioni internazionali di Limes
 

La transizione energetica terreno di sfida tra Cina e Occidente

 
 
 

Joe Biden ha affermato di volersi svincolare dalle forniture di petrolio e gas russo. Lo fa da una posizione energetica molto diversa da quella europea. ...

 
 

 

venerdì 6 maggio 2022

 

 

Joe Biden ha affermato di volersi svincolare dalle forniture di petrolio e gas russo. Lo fa da una posizione energetica molto diversa da quella europea. Quali potrebbero essere le conseguenze per i Paesi UE?

Un sostanziale e prolungato rincaro della bolletta energetica, almeno finché non si troverà il modo di sostituire in maniera stabile e fisiologicamente sostenibile l’ammanco russo. Le alternative attuali via tubo – Norvegia, Azerbaigian (via Tap), Algeria – sono parziali e in prospettiva poco sostenibili. Ciò vale soprattutto per Norvegia e Algeria, le cui risorse energetiche sono limitate e in esaurimento. Nel caso algerino la circostanza si somma a un’instabilità politico – economica che non consente la diversione di grandi volumi dall’uso interno all’export. Il gnl sarà indispensabile, fermo restando l’incremento delle capacità nazionali di rigassificazione e dell’interconnettività della rete europea del gas, che allo stato attuale non consente stoccaggi comuni né lo sfruttamento dei rigassificatori spagnoli stante l’esiguità del collegamento transpirenaico. Resta che il gas liquefatto ha costi strutturalmente più elevati. Inoltre, il disinvestimento nelle fonti fossili degli ultimi anni comporta tempi di adeguamento dei giacimenti, anche a noi prossimi (a esempio quelli egiziani). Scarseggiano inoltre le navi gasiere, molto meno numerose delle petroliere e che richiedono tempo per essere costruite.

Cosa potrebbe comportare la sempre più probabile diminuzione, se non interruzione, nell’approvvigionamento del gas russo? Si è parlato di un tetto ai costi del gas ma anche di scelte strategiche non proprio in linea con la transizione ecologica. Cosa pensa a riguardo?

Nell’immediato assistiamo a una ripresa del carbone e dell’olio combustibile: inevitabile per scongiurare ampie e prolungate penurie energetiche. In prospettiva avremo un impulso delle rinnovabili, che tuttavia a tecnologie correnti necessitano di materie prime critiche – soprattutto terre e metalli rari – di cui a oggi è nota l’abbondanza soprattutto in Cina, Russia, zone di America latina e Africa subsahariana, il che pone problemi di approvvigionamento per certi versi analoghi a quelli di gas e petrolio. Sotto questo profilo l’ulteriore sviluppo delle rinnovabili non promette di sovvertire la condizione di fondo dei paesi europei, caratterizzati dal fatto di essere economie di trasformazione più o meno povere di risorse. Per questo il nucleare continuerà a giocare un ruolo fondamentale nel mix energetico, europeo e non solo (cinese, nordamericano).

Si è sempre detto che non c’era più tempo per correggere la rotta e evitare in tal modo, conseguenze irreparabili dal punto di vista ambientale. Come bilanciare ora le esigenze energetiche globali con quelle del cambiamento climatico?

Sviluppando il più possibile strategie di adattamento e mitigazione rispetto ai cambiamenti climatici ormai inevitabili, strada del resto già additata prima della guerra ucraina come necessaria insieme alla riduzione dei gas serra.

La posizione della Cina nel conflitto russo – ucraino è ambivalente. È innegabile però che Pechino si sia dimostrato un player strategico per quanto riguarda la tecnologia rinnovabile. Cosa potrebbe succedere ora?

Le rinnovabili e, in generale, la transizione energetica sono anche e soprattutto un’enorme partita industriale e tecnologica: lo erano prima e lo saranno ancor più alla luce della guerra, che rende per certi versi più manifesta la competizione sino – statunitense. Questa in campo economico si estende anche alle tecnologie informatiche (soprattutto i semiconduttori) indispensabili per la transizione energetica e strategiche anche per il loro uso duale (civile – militare). Sebbene la Cina non possa troncare i legami economico – commerciali con l’Occidente e nemmeno quest’ultimo sia pronto a un passo simile, nelle produzioni a più alto contenuto tecnologico e valore aggiunto, la competizione esclusiva, motivata ora anche da considerazioni di natura strategica (sicurezza degli approvvigionamenti, protezione del know – how), si farà più accesa. 

La nuova Guerra Fredda che si prospetta potrebbe far deragliare gli sforzi sul clima?

È presto per dire se e in che misura la guerra farà deragliare sforzi sul clima del resto già piuttosto lacunosi. Il progressivo affrancamento europeo dal gas russo potrebbe dar luogo a economie più decarbonizzate nel Vecchio Continente, anche se per un certo periodo al prezzo di un maggiore import di gnl, anche da shale statunitense (il cui impatto ambientale resta ancora in gran parte da accertare). In che misura ciò avverrà, ma anche se e in che misura l’export russo di idrocarburi si ridirigerà verso la Cina, resta per ora un’incognita. Molto dipenderà da lunghezza, asprezza ed esiti del conflitto.

Le rinnovabili e la transizione energetica sono anche un’enorme partita industriale e tecnologica