INTERVISTA
Livia Iaccarino, titolare del “Don Alfonso 1890”
Innovare nel rispetto delle tradizioni
Livia Iaccarino, proprietaria del pluristellato ristorante “Don Alfonso 1890”, tre stelle Michelin di cui una verde, che gestisce con il marito Alfonso e i suoi ...
venerdì 1 ottobre 2021
Livia Iaccarino, proprietaria del pluristellato ristorante “Don Alfonso 1890”, tre stelle Michelin di cui una verde, che gestisce con il marito Alfonso e i suoi figli Ernesto e Mario, racconta la loro battaglia per il recupero di una cucina genuina, senza rinunciare all’originalità. La storia della famiglia Iaccarino è piena di avventure meritevoli di attenzione, in primis lei e il marito possiamo considerarli i pionieri del cibo sostenibile perché 50 anni fa, quando la rivoluzione verde incantava con una produzione di massa che consentiva a tutta la popolazione mondiale di “acquistare tantissimo cibo a poco prezzo”, spacciandolo per sano, loro hanno iniziato a storcere il naso e voler conoscere meglio quel cibo prodotto in quantità industriali. La signora Livia racconta in un aneddoto qual è stata la spinta che ha portato lei e il marito a voler produrre cibo di qualità: “…durante lo svezzamento del nostro primo figlio andavamo alla ricerca di cibo genuino. Così acquistavamo le uova delle galline di un’anziana signora che viveva in campagna. Un giorno in cui la signora era impossibilitata a portarci le uova andammo in campagna per prenderle, in quell’occasione facemmo una scoperta che ci scosse: le galline dell’anziana signora erano chiuse in gabbia alimentate con mangimi ed esposte costantemente alla luce artificiale. La signora, incantata dalle semplici soluzioni che incrementavano la resa, aveva creato un piccolo pollaio a produzione intensiva. Da quel momento io e mio marito ci siamo promessi di fare un qualcosa di concreto per produrre cibo di qualità, per noi e per gli altri. Da questa promessa è sorta l’azienda agricola biologica, all’interno del parco protetto di Punta Campanella, che oggi rifornisce il ristorante Don Alfonso.
Signora Livia, “Don Alfonso 1890” è un precursore della cucina sostenibile. Sono passati 30 anni dal momento in cui avete scelto di creare un orto biologico per poter lavorare una materia prima “sana” per il vostro ristorante. Cosa vi ha spinto a fare questa scelta?
Sicuramente capire che per esser certi di mangiare e cucinare prodotti di qualità era necessario produrli. Così nel 1990 abbiamo acquistato il terreno, allora abbandonato, in cui oggi sorge l’orto biologico di “Don Alfonso”, oggi parco protetto situato in una collina che affaccia sul mare di fronte all’isola di Capri. In questi nove ettari di terrazzamenti possiamo dire che pratichiamo un’agricoltura rigorosamente sana per coltivare agrumeti, oliveti e un orto completo di prodotti della cucina mediterranea. Il primo passo quando è iniziata l’avventura dell’orto biologico è stato quello di purificare un terreno ormai bruciato dall’uso di diserbanti e concimi, attraverso lo smottamento del terreno e la concimazione con letame di mucche allevate con prodotti biologici, e il recupero di tutti muretti a secco, oggi diventati patrimonio dell’Unesco. Successivamente abbiamo portato le api, per favorire il processo di impollinazione e ripristinare una biodiversità vegetale svanita da anni, e le coccinelle per abbattere i parassiti in modo naturale. Per riqualificare il terreno ci sono voluti tanti anni, quasi cinque, e tanti investimenti, ma oggi tutto quel lavoro è ripagato dalla certezza di poter offrire ai nostri clienti cibi genuini.
Tre stelle Michelin 2021, di cui una verde. Quanta soddisfazione c’è in questo riconoscimento?
Tantissima, è stata una battaglia lunga anni ma l’abbiamo vinta. Noi eravamo destinati a fare gli albergatori per portare avanti un lavoro sicuro, ereditato dai nostri genitori, ma abbiamo voluto fare un’altra scelta, quella che veniva dai nostri cuori, osando nell’acquisto di un terreno agricolo da bonificare e di un ristorante dove poter mangiare solo pietanze preparate con prodotti genuini e locali. Oggi possiamo affermare che il nostro cuore non ci ha traditi. Oltre alla soddisfazione di questi riconoscimenti, ne abbiamo altre che provengono dalla richiesta di consulenze in varie parti del mondo. In passato abbiamo portato “Don Alfonso” a La Mamounia a Marrakech e la nostra ultima avventura, iniziata accanto a un oligarca russo, ci ha portato dalla parte opposta del mondo, a nord di Auckland dove abbiamo realizzato l’orto biologico con i semi portati da Punta Campanella, e grazie all’installazione di tende che riparano il terreno dalle piogge frequenti, i prodotti sono identici a quelli che si posso gustare in costiera. Così anche dalla parte opposta del globo nel ristorante Don Alfonso si possono assaporare le nostre specialità, come gli spaghetti alla Don Alfonso cucinati con olio, pomodori e pasta di alta qualità. Bastano anche pochi prodotti ma genuini per realizzare pietanze uniche.
Quali difficoltà avete incontrato nel riuscire a riprodurre prodotti di alta qualità?
Sicuramente il reperimento di sementi antiche è stato il procedimento un po’ più ostico, ricordo quando siamo stati dall’allora sindaco di San Marzano per chiedergli come poter recuperare delle sementi antiche del pomodoro autoctono. Il sindaco sbarrando gli occhi ci disse che sarebbe stata un’impresa impossibile, in quanto esisteva solo il seme ibrido. Io e mio marito non ci siamo arresi neppure in quell’occasione e grazie a delle amicizie in comune, abbiamo reperito il seme da una famiglia di contadini che lo aveva tramandato per generazioni, non cedendo mai al seme ibrido sbandierato dal mercato. Quest’esperienza non semplice l’abbiamo ripetuta per tantissimi altri prodotti, dai pomodori alle prugne, purtroppo gli antichi semi erano in via d’estinzione in virtù di un’agricoltura intensiva, che vendeva sementi più adatte a una produzione di massa. Gli anni passati sono stati anni bui per il cibo e l’alimentazione, le multinazionali dal secondo dopoguerra hanno risposto all’esigenze del mercato “dare tanto cibo a poco prezzo”, ignorando l’importanza della qualità di ciò che mangiamo, e non si sono mai fermate. Vorrei menzionare la battaglia della pasta che abbiamo intrapreso accanto al Direttore dell’allora Cooperativa di pastai gragnanesi, Antonio Marchetti, sopravvissuta alla concorrenza delle multinazionali. All’epoca a Gragnano, la patria della pasta italiana, erano rimasti 11 pastai e i formati di pasta tradizionali non si trovavano più, si erano estinti i paccheri e la calamarata per dare spazio ai formati proposti dalle grandi industrie. Io e mio marito non volevamo arrenderci neppure di fronte a questa sfida e abbiamo intrapreso un grande lavoro con Antonio Marchetti nel recupero degli antichi formati. Siamo riusciti così a riportare la pasta artigianale prodotta con farina di qualità. Per sovvenzionare questo progetto il nostro ristorante per diverso tempo ha regalato a ogni cliente un pacco di pasta di qualità. E così, abbiamo visto rinascere la pasta antica artigianale e di qualità, la nostra più grande felicità è stata trovare questa pasta anche in un ristorante di Cancún e ricordo che in quell’occasione telefonammo al presidente della cooperativa dei pastai per dirgli “Antonio abbiamo vinto la nostra battaglia, la pasta è arrivata in Messico”.
Parliamo del vostro programma “Zero Waste”. Di cosa si tratta?
Significa prendersi cura del mondo. Noi siamo stati pionieri nella raccolta differenziata, quando nessuno ancora la faceva noi già dividevamo il cartone, la plastica dalla indifferenziata e lo portavamo nei siti di smaltimento idonei. Mio marito recentemente ha presentato un progetto al Parlamento per contrastare i locali che si ostinano ancora oggi a non fare la raccolta differenziata.
Nella vita avete realizzato tanto, pensate di essere sufficientemente impegnati oppure avete qualche altro progetto per il futuro?
Oltre all’orto e al ristorante, abbiamo tante cose di cui occuparci, scuola di cucina, poche camere per gli ospiti. Direi che siamo abbastanza impegnati anche per il futuro, anche se mio marito recentemente è diventato assessore al turismo del comune di Sorrento. Il suo programma prevede tanti progetti all’insegna della sostenibilità, come il divieto di accesso dei grandi pullman in costiera e l’introduzione di navette ecologiche, la tutela delle aree verdi, incremento degli aliscafi con le isole, la costruzione di una funivia che incrementa il trasporto pubblico. Speriamo tanto di riuscire a vincere anche questa battaglia in nome di un mondo più pulito.
…eravamo destinati a fare gli albergatori per portare avanti un lavoro sicuro, ereditato dai nostri genitori, ma abbiamo voluto fare un’altra scelta, quella che veniva dai nostri cuori, osando nell’acquisto di un terreno agricolo da bonificare e di un ristorante dove poter mangiare solo pietanze preparate con prodotti genuini e locali. Oggi possiamo affermare che il nostro cuore non ci ha traditi.